Dell’estate in cui il popolo indie-rock si mise a litigare sulla geo-politica grazie ai Maneskin e a Capovilla

A quanto pare, fatta la conta dei click, uno degli argomenti che interessa di più il mondo del rock e dell’indie sono i Maneskin. Band romana che per provenienza potrebbe appartenere ad entrambi i mondi ma che, nella realtà , data la superproduzione da major non ha più niente di indie e, in quanto al rock, ne posseggono tutti gli ingredienti tranne la capacità  d’innovare e stupire chi ha più di 25 anni.  

Pubblichi un articolo che prende posizione sul “fenomeno Maneskin” e fioriscono i click e i commenti. Il popolo indie-rock muore dalla voglia di dire che ne pensa. Io mi limiterò a dire che per i quattro ragazzi romani confesso una certa simpatia umana, unita alla noia che mi provoca un prodotto creativo, il loro, che mi sembra appartenere più alla sfera dell’intrattenimento, che della musica. E ho detto già  troppo. Perchè credo fortemente nel motto che “dei gusti non si discute”. Non scrivo quindi queste righe per difendere o attaccare la band sui loro meriti musicali. Scrivo per analizzare dove la immensa “polemica Maneskin” ci abbia portato in questa estate bollente.  

Tutto cominciò quando quel “Fuck Putin” di Damiano ha provocato l’orrore di uno dei guru del rock “alternativo” italiani: Pierpaolo Capovilla, frontman del Teatro degli Orrori. Ora, non voglio nemmeno entrare nelle opinioni politiche di Capovilla, legittime tanto quanto i gusti musicali di ognuno. Vorrei però unire la sortita di Capovilla, con quelle di Roger Waters, nonchè con le polemiche che in quest’estate bollente vedono protagonista la premier finlandese Sanna Marin. Nelle tre cose c’è un elemento in comune: l’intolleranza. La pretesa che chi non ha le tue stesse opinioni politiche non ha diritto di cittadinanza nel mondo indie-rock.  

In questa estate 2022, Roger Waters, profeta del prog-rock psichedelico impegnato, viene intervistato addirittura dalla CNN per darci la sua visione geo-politica e, tra le altre cose, si risente del fatto che i media non danno a lui lo stesso spazio di artisti oggidì molto più famosi, come Drake e The Weeknd, perchè lui è “più rilevante”. Siamo sempre lì, l’ex fluido rosa ritiene di essere importante perchè lui ha “le verità “: sulla guerra in Ucraina, su Taiwan, su Assange e via dicendo. E questo, secondo qualcuno sarebbe “rock”.  

Ma allora, detto tutto questo, a me sorge una sola domanda: a noi, popolo indie-rock, che cosa ce ne può fregare delle opinioni di Roger Waters sulla geo-politica internazionale? O di quelle dei Maneskin e di Capovilla? Quali titoli hanno costroro per indicarci la via nella confusione terrificante che è il mondo di oggi? Le mie opinioni politiche non me le sono formate certamente sul mio stereo. Intendiamoci, i nostri musicisti preferiti hanno pieno diritto a dire quello che pensano. Ma noi abbiamo il diritto (stavo per dire “il dovere”) di non mischiare musica e politica. O sarà  che dobbiamo decidere i nostri ascolti sulla base di quello che pensiamo sulla guerra in Ucraina? Noi, popolo indie-rock, dovremmo volere soltanto ascoltare la musica. L’indie-rock dovrebbe avere una sola idea “politica” e “religiosa”: la libertà . Ognuno si gestisce la propria vita privata e le sue opinioni come gli pare.  

E questo mi porta a Sanna Marin. Un altro evento che ha fatto molto discutere sui social la comunità  indie-rock è stata poi la foto di Sanna Marin a un festival rock, con tanto di giubbotto di pelle, stivaletti e short sbrindellati alla moda. Le prime reazioni erano entusiaste: “il rock è vivo e in buona salute!”; “premier numero uno al mondo“, esultavano i rocker da tastiera. Salvo poi l’intervento a gamba tesa dei capovilliani e watersiani: “se fai entrare il tuo Paese nella NATO, non puoi essere rock“. Un mese dopo la foto “rock”, la giovane Capo di Governo è ora diventata “disco”, ed è al centro delle polemiche perchè osa ballare sensualmente, avvinghiata a un maschio, esprimendo così la sua voglia di vivere di giovane donna. Perdita di stile gravissima per una leader politica che, se donna, deve essere castigata e morigerata come una Thatcher o una Merkel, non potrà  certo essere un puttaniere come tanti maschietti che hanno fatto il suo stesso lavoro altrove. In tutto ciò i “rockettari” anti-NATO esultano: “avete visto? Lo avevamo detto che non è rock: balla su orride canzoncine disco-pop“.  

Ma dove sta allora il senso di tutta la nostra storia di ascolti musicali? Volevamo essere liberi di vivere la nostra verità  personale, la nostra sessualità , le nostre emozioni, i nostri sogni, nella convinzione che si può rimanere giovani sempre, ogni volta che accendiamo lo stereo o inforchiamo le cuffie, non importa cosa dica l’anagrafe, o che lavoro facciamo. Possiamo quindi essere Premier di un Paese e indossare shorts e stivaletti ascoltando Metal e poi, un’altra sera, possiamo, una volta sistemati gli affari di Stato, andare a fare le ore piccole in discoteca ballando con chi ci pare e avvinghiati come ci pare, sopra a ritmi dance-pop. Cosa c’è di più “rock” di una vita così? E, alla fine, possiamo avercela con Putin, o con Biden, per i mali del mondo, ma qualcosa ci accomuna comunque: la musica e la voglia di essere noi stessi, unici e liberi. Scusate se è poco. E quindi W Sanna Marin che si veste come le pare, quando le pare; che è rock, o pop, o dance, quando lo decide lei e ciò non lo impedisce di essere un buon, o un cattivo, primo ministro.

Photo: Laura Kotila/Valtioneuvoston kanslia, CC BY 4.0, via Wikimedia Commons