Arrivo un po’ in ritardo per un motivo molto semplice. Quando appena uscita guardai la prima stagione di “Stranger Things”, ne fui molto divertito, come tutti gli altri del resto. Così come riconosco il merito e la colpa della serie dei Duffer Brothers di aver fortemente marchiato la storia recente della serialità , sia con la straripante e contagiosa retromania che con il modus operandi in sede di scrittura. Però quando la vera e propria febbre di “Stranger Things” iniziò con la stagione successiva, non mi venne mai la voglia di continuare. Idem con peperoni quando uscì la terza. Senza ragioni precise, semplicemente una questione di istinto. Non mi piaceva il tenore dei commenti, sentivo di non poter condividere le motivazioni dell’entusiasmo. Mi sembrava una moda inspiegabile ed edulcorata come quella del bubble tea.

Arrivata la quarta stagione è tornato l’invasamento ed è arrivata anche “la cazzo” di Kate Bush e così, complice l’assenza di meglio da guardare, ci siamo buttati in un recuperone coniugale. Che poi “Stranger Things” è proprio la cosa che ci vuole dopo una giornata di lavoro e bebè: ritmo, semplicità , colori, belle canzoni di una volta.
Devo dire che a non vedere seconda e la terza stagione avevo fatto bene, ci avevo preso. Più che introdurre qualche personaggio nuovo non fanno, per il resto ricalcano un po’ il canovaccio della prima, non svelano troppo più di quanto già  si sappia o immagini e, insomma, riscaldano la minestra con l’entità  minacciosa del sottosopra a fare le sue cosine e che al massimo trova qualche escamotage nuovo per infiltrarsi ad Hawkins e seminarvi il terrore.

La quarta stagione invece, complice anche il minutaggio corposissimo degli episodi, registra un’enorme miglioria in termini di scrittura. Finalmente vengono messe idee nuove in campo, si lavora su più piani, che vengono incrociati molto bene, e i registri sono davvero molteplici e ben adoperati – dall’action in Russia al coming of age, dal blockbuster di avventura anni ’80 all’horror, finanche splatteroso. E quindi ci si diverte, si canticchia, si scommette, ci si emoziona.

Finalmente poi i personaggi, grazie anche all’età  raggiunta, acquistano spessore maggiore. Inutile dire che uno degli ultimi aggiunti, Eddie, è uno dei migliori mai usciti dalla penna dei Duffer… il che fa di loro dei grandi bastardi pezzi di merda.

Fortunatamente con la quinta si chiude e questa volta, date le premesse, non si mancherà  all’appello.

Io peraltro avrei una richiesta: fare morire male Nancy Wheeler. Personaggio più irritante della storia delle serie dai tempi di Skylar White. L’ha schifata pure Vecna.