Stasera finalmente a Milano uno dei progetti rivelazione di questo inizio di anni venti, i Working men’s club, collettivo giovanissimo di stanza a Manchester, dove tra l’altro militava nella primissima formazione la bresciana Giulia Bonometti, meglio conosciuta come Julia Bardo, in licenza internazionale con il suo “Bauhaus L’appartamento” uscito lo scorso anno per la blasonata Witchita, non proprio una cosa che capita tutti i giorni ad un’artista italiana.

Dicevo Working men’s club finalmente in Italia, dopo un paio di posticipi, per presentare i due album in cascina, l’omonimo del 2020 e il sophomore “Fear fear” uscito da poco sempre per Heavenly.

New wave, post punk, elettro, synth pop e una pennellata di kraut a sostenere un songwriting, che lo diciamo subito, è uno dei più interessanti degli ultimi anni. è quella cosa che arriva subito all’orecchio, il talento di catturare le melodie vincenti quanto efficaci, con la voglia e la capacità  di essere anche assolutamente popular, e Minsky-Sargeant, leader carismatico ed eccentrico, ha l’attitudine di coloro i quali fanno la differenza come la tradizione britannica ci ha spesso abituato.

Sono, apparentemente, una sorta di risposta sintetica ai Fontaines d.c. anche per una certa somiglianza voluta o meno dei due leader.

Il live al Magnolia che li ospita stasera, per una delle ultime date estive, è una rasoiata senza pause e rigorosamente senza bis come il dogma punk / hardcore insegna.

Formazione a quattro anche cinque per qualche frangente e sound da girone infernale, va detto che non tutto è perfetto, in particolare le voci sono in modalità  shoegaze, quindi posizionate dentro un impasto sonoro che le sommerge a tratti. Dicevo ensemble giovanissimo, con la capacità  dei veterani anche se, probabilmente, qualche anno in più di esperienza porterà  sicuramente del valore aggiunto.

Mi sento di scommettere a mani basse su una svolta ai piani alti nel filotto di quelli che contano davvero, perchè come detto sopra oltre alla riot giovanile e le indubbie capacità  produttive, ci sono le canzoni belle che, di solito, portano lontano lontano.

Setlist abbastanza scontata per il materiale finora licenziato , quindi si apre con “Valleys” fino a “Teeth” passando per “Widow” o “Money Is mine” o perchè no attraverso i 10 minuti di “Angel”. Un’ora di set preciso e senza fronzoli di circostanza, peccato non ci sia il pubblico delle grandi occasioni, perchè qui un posto tra le next big things è prenotato.