C’era un tempo nel quale i robot non avevano voce. Poi iniziarono a parlare, anzi no. Iniziarono a suonare ed adesso la loro musica si erge come una fondamentale barriera tra noi, fragili esseri umani, e le nostre folli e assurde manie di controllo e di auto-distruzione. La musica è il territorio sul quale macchine e uomini possono convivere, imparare ed influenzarsi a vicenda: le trame eteree di Caterina Barbieri vanno al di là  di qualsiasi capacità  di calcolo, di qualsiasi algoritmo, di qualsiasi sovrastruttura mentale, di qualsiasi logica. Nelle loro incoerenze e nelle loro inquietudini sonore c’è il seme della salvezza, il sentiero inesplorato che ci consente di non impazzire e di non guastarci.

Palazzo Re Enzo, lo spazio DumBO e il TPO definiscono la linea spazio-temporale sulla quale scorrono queste narrazioni elettroniche e digitali, con aperture continue alle ritmiche tribali e selvagge che richiamano la natura ancestrale dell’essere umano, mentre, nel frattempo, dinanzi ai nostri occhi increduli, scorrono visioni cosmiche, cromaticamente accattivanti, che proiettano il nostro io più psichedelico verso le profondità  dello spazio e del futuro, in una continua ricerca di idee, di concetti, di stelle e di pianeti che ci consentiranno di essere migliori e di oltrepassare quei circoli viziosi che, oggi, ci rendono diffidenti, intimamente collegati con una realtà  che vogliamo sia fatta di compartimenti stagni, di territori ben definiti, di nazioni, di idiomi, di usanze, di religioni, di abitudini, di economie che consideriamo diverse e contrasti.

Ma se, invece, esse non fossero altro che i diversi echi e i diversi riverberi della medesima musica?

Ben Frost ne è assolutamente consapevole, le sue atmosfere ambient e sperimentali sono lo  strumento col quale affermare la centralità  del Creato, quella Terra che deve essere preservata ed amata, perchè essa sarà  sempre il punto d’inizio e la meta finale di qualsiasi Odissea cosmica. Anche in una remota e ipotetica dimensione post-umana, le nuove e meravigliose intelligenze dovranno sempre lottare ed impegnarsi per rifiutare il Male come utile, facile, conveniente o possibile compromesso.

Tutto ciò risuona in Miss Kittin And The Hacker, senza che vi sia il bisogno di ricorrere a leggi astratte o a formule matematiche, ma è sufficiente, per orientarsi, la luminosa traccia di queste suadenti atmosfere techno. Da un lato, infatti, vi è la verità  ed essa è sempre un bene ed una risorsa preziosa, in qualsiasi epoca, in qualsiasi mondo; dall’altro lato, invece, vi è la menzogna, quella che vuol convincerci di una centralità  che non può mai esistere. Nessuna creatura, sia essa umana o sintetica, può credere di essere depositaria di un incarico o di un compito superiore, può ergersi ad unica interprete della volontà  divina, può ritenersi ““ in un assurdo delirio di onnipotenza che richiama alla mente le abominevoli mostruosità  di matrice nazi-fascista del secolo scorso o le crudeli azioni compiute da Hal 9000 ““ al di sopra degli altri, stabilendo cosa è da considerare giusto e cosa, invece, è da considerare sbagliato. Il roBOt festival è una porta aperta sulla musica dei prossimi anni, ma anche un evento che ci invita a riflettere sul presente, spronandoci a viverlo al meglio, non sprecando le nostre energie più positive in azioni che fanno del male al pianeta, a noi stessi, ai nostri simili, agli altri esseri viventi.