è opinione comune che l’album migliore dei Deftones sia “White Pony” del 2000. Sicuramente è il disco più rappresentativo della band californiana, ovvero quello in cui il genio di Chino Moreno e compagni è definitivamente esploso dando vita alla forma più nobile e artisticamente alta del nu metal. Ma vogliamo parlare del suo bellissimo predecessore “Around The Fur”? Sembra incredibile pensare sia stato pubblicato nel lontano 1997, perchè queste dieci tracce continuano a suonare fresche, potenti e incendiarie ancora oggi.

La produzione di Terry Date, l’uomo dietro i principali successi dei Pantera, dà  ulteriore vigore a una raccolta di canzoni solide e cariche di emozioni, letteralmente dominate da quelle peculiarissime dinamiche che da sempre sono una prerogativa dei Deftones.

Se escludiamo la mezz’ora di silenzio sul finale del CD, in cui si nascondono le due bonus track “Bong Hit” (che altro non è che un messaggio alla segreteria telefonica lasciato da qualcuno un po’ su di giri) e “Damone”, ci restano una quarantina di minuti abbondanti in cui momenti di quiete, attimi di tensione e improvvise esplosioni di rabbia si alternano in un intenso ciclo di musica spaccaossa ma raffinata, contraddistinta dallo stile unico della voce di un Moreno giovanissimo ma già  padrone del suo mestiere.

Nelle strofe di pezzi come “Lhabia”, “Dai The Flu” e “My Own Summer (Shove It)”, i suoi sussurri disegnano melodie intrise di un candore puro ma incredibilmente sinistro; più che semplici mormorii, deboli appigli a un’umanità  morente che rapidamente svanisce per lasciare spazio al dolore dei devastanti ritornelli. Vere e proprie mine squarcia-timpani dove urla laceranti, disperate e spesso e volentieri stravolte da uno smodato uso di effetti fanno da contorno ai riff robusti e definiti del chitarrista Stephen Carpenter.

Il suo lavoro, essenziale ma efficace, fa da perno metallico a un album in cui già  si avvertono quelle influenze post-punk e shoegaze che, di lì a poco, avrebbero reso ancor più profondo e originale il suono dei Deftones. In “Around The Fur” troviamo anche qualche piccolo elemento preso in prestito dall’hip hop (il simil-rappato di Moreno in “Lotion” e nella tamarrissima “Headup”, dove c’è pure una bella ospitata di Max Cavalera) e dalla new wave che, seppur in maniera impercettibile, si insinua tra le note dei brani più elaborati ed eleganti ““ potrei arrivare a definirli soft, ma credo sia davvero troppo. Mi riferisco alla fragile “Mascara” e al superclassico “Be Quiet And Drive (Far Away)”, una canzone imponente e densa nonostante le atmosfere tremendamente malinconiche e quel pizzico di disperazione che non guasta mai.

Due briciole di apparente delicatezza in un oceano di fuoco e fiamme; un mare in perenne tempesta reso ancor più agitato dalle trame ritmiche possenti delineate dalla batteria di Abe Cunningham e dal basso del compianto Chi Cheng – una coppia di impareggiabili bestie nel campo dei migliori groove categoria alternative metal. In “Around The Fur” le loro mani pesantissime lasciano il segno un po’ ovunque ““ anche se il meglio lo riservano per le tracce più rumorose, incazzate e distruttive (la title track, “Rickets”, “MX” in alcuni frangenti e le già  citate “My Own Summer (Shove It)” e “Headup”). Tra furore e vulnerabilità , un disco eccelso che non ha nulla da invidiare al più blasonato ““ ma comunque bellissimo, per carità  – “White Pony”.

Data di pubblicazione: 28 ottobre 1997
Tracce: 10
Lunghezza: 73:56
Etichetta: Maverick
Produttori: Terry Date, Deftones  

Tracklist:
1. My Own Summer (Shove It)
2. Lhabia
3. Mascara
4. Around The Fur
5. Rickets
6. Be Quiet And Drive (Far Away)
7. Lotion
8. Dai The Flu
9. Headup
10. MX