Come ogni anno all’organizzazione del “Ferrara Sotto Le Stelle” non sfugge l’occasione per organizzare serate potenzialmente incantevoli. In questo 2006, tra le tante, viene offerta l’imperdibile opportunità  di assistere al live dei Sigur Rós nella magica cornice di Piazza Castello.
Nonostante in contemporanea l’Italia nazional-calciofila si giochi la possibilità  di vedere la propria beneamata accedere alla semifinale del mondiale, l’adesione di pubblico è stata notevole.
Col tramonto che si porge come sfondo, dopo una veloce Intro, viene tratteggiato il letargico e affascinante paradiso che ha reso famosa la band islandese. La grazia vocale di Jonsi abbinata alla sua singolare tecnica per suonare la chitarra utilizzando un archetto da violoncello, Kjartan alle tastiere, Orri a dettare i tempi alla batteria e Goggi col suo basso creano quei loro tipici suoni vaporosi indirizzati a tessere la trama di “Glósóli” e di “NའBatterà­” per aumentare poi di profondità  eseguendo una versione quasi psichedelica di “Sà…glopur”. La pelle d’oca inizia a farla da padrona e i battiti cardiaci aumentano.

Le emozioni che la nuvola di voce di Jonsi riesce a sprigionare sono indescrivibili.
Col passare dei minuti la cornice si fa più suggestiva, il sole finalmente decide di morire e la scenografia nella quale avviene l’esibizione diventa sempre più magica.
Durante la serata viene concesso spazio anche al quartetto d’archi delle Amiina, che non solo accompagna i Sigur Rós ma ne integra in maniera vigorosa il lavoro con composizioni di pregevole delicatezza e magia, ormai sinonimi indiscussi dell’isola nordica di riferimento.

“Gong”, “Andvari”, “Hoppà­polla”, “Meà° Blóà°nasir”, quindi come prevedibile quasi tutti i brani dell’ultima pregevole fatica “Takk”…” vengono eseguiti e dilatati riempiendo il tempo e lo spazio circostante.
Il siparietto fuori programma avviene ricorrendo ad un gruppetto di ottoni che poi verrà  utilizzato anche per lunghi tratti del concerto: i quattro membri sono vestiti con una “similaltauniformeinglese” e intonano una singolare Happy Birthday To You indirizzata al polistrumentista Orri per festeggiarne il compleanno, il quale appare realmente stupito e commosso in quanto non credo si aspettasse questa sorpresina. Almeno questa è stata l’impressione che mi badato, il risultato è stato comunque molto convincente.

Si pesca poi anche nel passato di “àgà…tis Byrjun” (“Vià°rar Vel Til Loftárasa”, “Olsen Olsen”) e attraverso “Sè Lest” e “Svo Hljótt” si giunge ai ringraziamenti proposti attraverso la conclusiva “Heysátan”.
La band dopo essere scomparsa dietro alle quinte per alcuni minuti dopo Heysátan riappare sul palco: lo show deve ancora concludersi.
Viene tirato un telo di lino bianco per tutta la larghezza del palco davanti alla band che così la divide dal pubblico ma che grazie alla trasparenza di questo sipario si riesce ancora a distinguere nitidamente. Da questo momento in poi grazie a ricercati giochi di luci il quartetto svanisce nell’oscurità , si intravedono solo schizzi di ombre e sul telone sono proiettati video visionari per una quindicina di minuti deliranti nei quali è eseguita un versione prog di “Popplagià°”, più nota come track #8 dell’album “( )”. Pirotecnici quadri rossi, blu e verdi e figure ectoplasmiche si alternano in un climax senza limiti.

La grande famiglia dei Sigur Rós, delle Amiina e degli ottoni saluta e le luci si alzano.
Uno dei tanti applausi va rivolto alla sensibilità  di questi ragazzi che si sono esibiti con puntualità  svizzera permettendo a tutto i pubblico di assistere poi terminato il concerto ai 5 minuti epici della premiata dita Grosso-Del Piero nella piazza adiacente dotata di maxischermo d’ordinanza. Due indimenticabili eventi nella stessa serata, niente di più da chiedere.

Credit Foto: Helios / CC BY-SA