Il clima è tropicale, l’atmosfera esotica, si passa da paradisiache quieti ricche di dettagli sonori all’abbattersi inatteso di impetuose tempeste: è un’ode alla giovinezza, ai suoi impulsi, alle sconfinate malinconie, all’irruenza del desiderio, così confuso e così bruciante.

Ed è quindi tensione improvvisativa in canzoni/strutture che si sfaldano continuamente mutandosi in altro: pause piene di rumori e suoni cangianti e poi stacchi improvvisi, strappi e scariche elettriche.
La voce del novello sireno Aaron With è iper-emozionale ed eccessiva, tutta gorgheggi e miagolii, come se Thom Yorke cantasse Devendra Banhart e viceversa.

Ed è proprio quest’uso della voce che rischia di poter appesantire l’ascolto di questo lavoro, insieme forse all’eccessivo enciclopedismo, alla sensazione, cioè, che questi tre talentuosi ragazzi abbiano voluto unire un pò troppo a tavolino tutto il meglio degli ultimi vent’anni di rock.
Sarebbe forse occorso più tempo a tanti ingredienti e carne al fuoco per maturare in qualcosa di più compiuto e personale.

Ma daltronde è proprio questa urgenza, questa fretta, questo voler far subito confuso che rende tanto fresca, struggente e “giovane” questa comunque ottima opera prima.