Prova a ridere adesso che sei all’inferno. Ridi, ora che l’organetto suona e suona e suona. Che cosa accade se mischi i Blonde Redhead con Lou Reed o I My Bloody Valentine con i Vetiver? Che cosa spunta in testa se continui a innaffiarti i piedi col gin? Esce qualcosa di veramente psichedelico. Spostato. Traslato addirittura sull’altro lato del marciapiede”…e del mondo. “White Liner” è la vostra ultima occasione di credere a queste parole o perdere un altro treno. Il primo? L’ennesimo? Di certo non l’ultimo. Tutto molto spettrale e cupo. Tutto troppo coinvolgente. Un lamento, una cadenza lenta e disperata. Lucente piccolo tesoro per un inverno ovattato, imbottito fino alla saturazione di bianco. C’è tutto un mondo che sta morendo appena fuori da quella porta. Esci per vedere come potresti dargli il colpo di grazia. Disco ribelle e contro tutto. Shoegazer semi-acustico e più educato se possibile? Probabile. Post qualche cosa? Forse, ma cosa? Questo non è più solo folk. Non è più blues nè tanto meno rock. Questa roba lagnosa e affascinante potrebbe benissimo essere anche un pezzo di mela e lo sarebbe in maniera alternativa. E’ altro, in parte. Altro rispetto a quello che ora molto probabilmente il vostro compagno di banco delle elementari starà ascoltando, in piedi sul bus, dal suo i-Pod pieno di mtv. Pieno di”….altro. Pausa epica: ti giri verso la camera da letto e per un istante rimani immobile ai bordi della palude di Acherusia a guardare inconsapevole un accigliato Ade che dopo un po’ sparisce, lasciandoti svuotato di ogni sensazione terrena. Prova a ridere adesso.