Mesi fa mi trovavo su un’isoletta dell’arcipelago di Stoccolma. Era un giorno pieno di pioggia, e l’aria umida mescolava la sua freschezza con l’odore della terra bagnata. Pochi rumori e profumo di salmone affumicato, un piccolo negozietto che vendeva oggetti in legno e un bar improvvisato in un giardino di un’abitazione immersa nel verde. Il rumore del mare e i gabbiani sembravano avercela con il mondo, che sembrava poi così lontano da quel piccolo spicchio di Svezia.

Lì non puoi vivere realmente, puoi contemplare e rivoltarti come un guanto, non c’è movimento , c’è solo osservazione e sentimenti da mescolare ai colori che ti piovono addosso. Questo EP interamente scaricabile dal web, è stato scritto proprio in una di quelle piccole isolette, ed ha il pregio di ricreare quelle atmosfere intime e rilassate che si respirava a stare seduti sugli scogli, prima che il Dio della pioggia scatenasse l’inferno. Ed ha il difetto di non affondare del tutto nelle tue percezioni emotive, come se fosse inutilmente discreto e delicato.

Ma si sbaglia Erik Mattsson, il silenzio di questi luoghi e la pace che senti dentro andrebbe squarciata con un colpo di lama, sottile e tagliente, che non ti spacchi le orecchie ma che ti faccia sentire la mancanza di tutto quello che prima si muoveva ed ora invece tace sotto il freddo mare del nord. Peccato, perchè le canzoni sono buone, ma si poteva andare più a fondo, ma forse i giorni in cui le canzoni sono venute fuori c’era un silenzio ancor più assordante, e anche i gabbiani restavano muti in attesa di qualcosa che non avrebbe cambiato di una virgola le loro giornate.