Leggi e ti senti al sicuro. Ti senti al sicuro perchè sei dentro la tua stanza, in santa pace, con la luce sulla scrivania che se ne sta lì zitta e ti lascia pensare senza interrompere il flusso. Potrei anche annegare dentro di te fino a toccare il fondo e depositarmi per qualche minuto. Rimanere in silenzio ad ascoltare da dentro qualcosa che probabilmente è più interessante di tutte le cose che ho ascoltato per 25 anni. Scusa ma col cazzo che sei al sicuro baby. Adesso dovrei parlare degli okkervil river e mi viene in mente una montagna. Quando sei in cima a una montagna puoi star lì fin che vuoi ma prima o poi devi scendere. E’ così per tutti. L’apice della montagna di Sheff si chiama “Black Sheep Boy”: un casino annerito cupo e denso di emozioni, frustrazioni, sentimenti e pensieri densi densi che messo in musica risulta a qualsiasi ora del giorno uno lo ascolti sempre un capolavoro.

La piccola discesa dalla vetta forse perte proprio con questo nuovo lavoro della band. Tutto bello, tutto prodotto egregiamente, per carità  ma apparentemente leggermente slegato (ma anche la muraglia cinese in confronto a un concept di acciaio come black sheep apparirebbe leggermente slegata…) e purtroppo mi duole dirlo “già  sentito”. Stupenda e romantica la “ninna nanna” che apre la produzione e tutto leggermente più virato verso il rock che verso il folk, in alcune tracce, il disco. Stiamo parlando di un pzzo di plastica che se ascoltato magari cinque o sei anni fa sarebbe stato uno dei migliori dischi della stagione. Ma non dopo un sogno come “down the river of golden dreams”. Non dopo “Black Sheep Boy”.

Folk, una voce stupenda, incantevole, e straziata come poche, un gusto per la composizione musicale e l’intreccio di parole romantiche come solo alcune immagini conservate dentro il vostro cuore riescono ad essere. però il confronto con un io migliore di te non lascia scampo. Quasi mai.