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Partiamo con le ovvietà : quando spari il capolavoro al primo disco tutto diventa più difficile, e rischi di affogare presto. Tom McRae ha dipinto uno struggente ed indimenticabile capolavoro al primo tentativo, quel disco omonimo che lo avvicinava ad un Nick Drake leggermente più sdolcinato e con un’estensione vocale maggiore. Impossibile ripetersi, anche se la discografia di questo ragazzo è sempre stata di tutto rispetto. Ad un approccio decisamente più saturo di suoni del successvo “just like blood”, ha fatto seguito quel “Al maps wlcome”, più bilanciato, comunque lontano dall’intimità toccante degli esordi. E ora “King of cards”, che sembra proseguire questa strada più dedita al pop mainstream pur senza sfociare mai nelle sonorità plastificate o negli ammiccamenti stile mtv. La novità è che alle tematiche comunque malinconiche dei testi fa da contraltare una ventata di ottimismo che fa brillare alcune composizioni di una luce nuova, luccicante e assolutamente inedita per la produzione del Nostro. “Bright lights” ne è l’esempio lampante, con l’incedere trascinante e coinvolgente delle sue trame di chitarra che si intrecciano alle note di un pianoforte in crescendo. Siamo al cospetto di un onesto cantore pop che comunque non lascia da parte quei momenti profondamente toccanti che da lontano ci fanno intravedere i capolavori acustici dell’esordio. Ormai siamo lontani da quelle soluzioni, e comunque non risulta faticoso abituarsi a questa veste più agrodolce, più ottimisica della sua musica. Forse il suo disco migliore dai tempi del primo disco, e comunque un’ottima raccolta di canzoni perfetta anche per l’estate appena iniziata. |
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