Una delle band di cui si è parlato di più nell’ambito della musica indie italiana negli ultimi mesi. Noi non potevamo lasciarci sfuggire l’occasione di farci una bella chiacchierata con loro. Ladies and gentleman direttamente dalle parole del chitarrista cantante Duccio Simbeni ecco a voi i Canadians.

Come ho anche scritto nella recensione del disco, pare che la vostra fama vi abbia preceduti, visto che si faceva un gran parlare, almeno negli ambienti della musica cosiddetta “alternativa” italiana, dei Canadians ben prima della pubblicazione del vostro primo lavoro. La cosa in qualche modo vi ha condizionati durante la lavorazione dell’album?
Sicuramente ci ha dato ulteriori stimoli, ma parlare di condizionamento, forse non è il termine esatto. Semplicemente l’album è uscito come è uscito perchè ci piaceva così e avremmo fatto così in ogni caso, con o senza il borbottio di sottofondo. Ripeto il fatto che se ne stesse già  parlando e in parte il pubblico ci apprezzasse già  non ha fatto altro che riempirci di gioia.

Almeno dai commenti sul nostro sito, il pubblico pare essere diviso sull’esito finale del vostro disco. Io personalmente credo che sia un gran bel lavoro nel suo genere, poi certo, se il genere a cui fate riferimento non piace a qualcuno, beh questo qualcuno ovviamente non apprezzerà . Ma mi sembra una cosa piuttosto ovvia e comune alla maggior parte dei dischi. Forse molti vi accostano ad una corrente emo che sembrava molto andare di moda tra i telespettatori di seri tv come O.C. Cosa vi sentite di rispondere ai vostri detrattori?
E’ naturale che i Canadians possano piacere a coloro che ascoltano un certo tipo di musica. Mentre altri invece, che non amano questo genere, possono storcere il naso e sono liberissimi farlo. Ma questo è scontato. Trovo altresì naturale e scontato il fatto che all’interno di coloro che ascoltano il nostro genere di musica abbiano pareri diversi e contrastanti sulla qualità  dell’album, album bello/album brutto, troppo Hi-Fi/troppo poco Low-Fi. Ma anche questa mi sembra una cosa normale. Noi stessi ce lo siamo chiesti. Non vedo perchè non possa accadere anche tra il pubblico e gli addetti ai lavori. Per quanto riguarda l’accostamento alla corrente emo guarda. Ad oggi faccio fatica a capire cosa e’ emo e cosa non lo e’. Molti mi dicono che l’emo che si sente in O.C. (specifico che non ho mai visto una puntata di questo telefilm) non e’ emo. Altri dicono che emo e’ quello che suonano i Good Charlotte e quei gruppi li’. Non ci si capisce niente. Non va bene se i Canadians suonano e cantanto come i Canadians?.

Domanda banale scontata e ovvia: cosa state ascoltando in questo momento?
Io sto macinando nel lettore Gone dei Mono e l’ultimo album degli Unwed Sailor. Massimo, aspetta che guardo sul blog, sta ascoltando a quanto scrive Rogue Wave, Band Of Horses e A Toys Orchestra, Michele l’ho sentito alle prese con Gregor Samsa e Battles, il Chri con gli ultimi lavori di Bad Brains e Bad Religion, il Vito meglio non indagare va.

Ritengo che il vostro disco goda di una fantastica produzione, soprattutto nei suoni di chitarra e nel bilanciamento perfetto di tutti i volumi soprattutto nelle esplosioni sonore più fragorose. Quanto è stato importante per voi il lavoro di Matteo Cantaluppi in questo senso?
Per noi è Matteo e’ stato quanto di meglio non potessimo pescare. Eravamo, e lo siamo tuttora, in piena sintonia di idee per quanto riguarda generi musicali, e non solo musicali, quindi non e’ stato difficile partire con il piede giusto. Sapeva sempre interpretare al meglio le nostre richieste. Sapeva cosa poteva andare e cosa era di troppo. Durante tutto l’arco di tempo passato in studio si è consolidato un feeling particolare tra i Canadians e Matteo tant’e’ che oggi più che parlare di lui come un professionista con la P maiuscola peferisco parlarne come amico.

Forse una produzione così accurata può essere un’arma a doppio taglio, visto che dal vivo credo sia molto difficile riproporre certi suoni del disco. Siete pienamente soddisfatti della resa dal vivo dei vostri brani?
Per come la vedo io trovo più affascinante l’idea che un concerto abbia una sua personalità , viva di anima propria e per questo abbia una propria sonorità  peculiare rispetto al lavoro in studio. Sono un po’ titubante rispetto ai concerti che suonano identici all’album. La nostra resa dal vivo certamente non rispecchia le stesse sonorità  dell’album, questo è indubbio, perchè comunque sarebbe impossibile ora come ora ma del resto non rientra certo nei nostri piani. Se siamo soddisfatti? Diciamo che a volte lo siamo e a volte no, come e’ normale che sia, di certo e’ che ci impegnamo ogni giorno a migliorare la resa live intesa proprio come “spettacolo dal vivo”, che rimane una cosa per quanto mi riguarda totalmente differente dal lavoro in studio.

E’ facile associare le vostre canzoni all’estate, non tanto pensando alle donne in topless e ai party in riva al mare, piuttosto alle piccole storie che una stagione particolare come questa può offrire. E certo, un cielo senza stelle non è proprio una immagine estiva. Perchè un titolo malinconico come questo?
Perchè in realtà  in tutto l’album, a guardare bene, si cela un velo di tristezza e di malinconia. Più che di stagione estiva trovo più corretto parlare di fine estate, quando la spiaggia si svuota e rimane solo il mare e gli ombrelloni chiusi. I testi poi non sono così positivi come uno può pensare. “A Sky With No Stars” stessa è una canzone che è anche una dichiarazione d’amore verso l’inverno gelido, il sogno, la speranza di un mondo incontaminato. Ma in generale tutto l’album e velato da questo senso di nostalgia e malinconia. Non ci sentiamo poi così estivi ecco.

La scelta del cantato in inglese per la vostra musica sembra quasi una scelta obbligata, avete in progetto di scrivere qualcosa anche in italiano per il futuro?
Personalmente ho sempre dato molta importanza alla voce come componente strumentale e funzionale alla canzone. Ed è altrettanto vero che non nasco certamente come cantautore. La lingua inglese ha tutta una sua peculiarità  sonora e da questo punto di vista è molto affascinante. E con questo non voglio dire che un testo per me rappresenta una melodia di suoni vocali fine a se stessa. Non è che non ponga la giusta attenzione ai contenuti. Cerco di fare molta attenzione sia all’aspetto poetico e narrativo che all’uso e alla scelta di determinati termini anglosassoni che hanno tutta una loro caratteristica sonora che secondo me manca all’italiano. Tutto qua.

Ora, quando vi alzate dal letto la mattina sentite che qualcosa è cambiata definitivamente nella vostra vita oppure tutto procede come prima?
Diciamo che abbiamo la possibilità , grazie al nostro booking (la Cyc promotions) di suonare molto di più, di bere molta più birra e di girare un pò per l’Italia con il nostro furgoncino nuovo (nuovo, nel senso che l’abbiamo comprato da pochissimo). Per il resto lavoricchiamo e siamo disoccupati piu’ o meno come tutti gli altri. Siamo gente con i piedi inchiodati al pavimento.

La sensazione è che il vostro disco possa essere accolto molto bene anche oltre i confini italici, avete progetti in tal senso?
Il disco uscirà  prossimamente anche in mezza Europa e negli Stati Uniti. Vedremo come lo accoglieranno e speriamo ci sia la possibilità  di poter fare un tour con delle date sparse qua e la per il mondo. Sarebbe fantastico. Comunque siamo fiduciosi.

Bene ragazzi siamo alla fine, prima di salutarci ricordateci qualche data in cui possiamo vedervi dal vivo prossimamente
Allora, il 13 a Sesto (Mi) al Garage, il 20 a Bari al Cube e il 26 a Bologna al Covo. Speriamo di vedervi la’.

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