[ratings]

La terza madre conferma quanto, ancora oggi, sia difficile confrontarsi con il cinema di Dario Argento: come se fosse impossibile districarsi tra una certa critica che non l’ha mai considerato qualcosa di più che un virtuoso artigiano, e una schiera di appassionati che invece si chiede dove sia finito l’autore di Profondo Rosso, l’architetto di gialli, di storie intriganti, di colpi di scena ad effetto.
La terza madre li lascerà  tutti delusi: Argento ha infatti realizzato un film di difficile classificazione, tipico di un regista che ha ormai imparato a sconfessare tutta la sua esperienza personale, e la sintassi cinematografica, nei pochi istanti di un raccordo volutamente sbagliato. Il suo ultimo film è infatti brutto, slegato, recitato in modo approssimativo, esattamente come tutti quelli che ha girato negli ultimi quindici anni, apparentemente invischiato in una crisi regressiva senza ritorno.
La terza madre sembra infatti il film di un’esordiente, un debuttante di quasi settant’anni. L’evidente sgradevolezza dei suoi ultimi lavori è diventata tanto abituale che sarebbe il caso di iniziare a chiedersi se non sia una precisa scelta poetica. Se Dario Argento volesse consapevolmente fare film tanto acerbi e squilibrati? Nel suo cinema ormai completamente libero (il prezzo della libertà  si paga con budget limitatissimi), gli attori e la recitazione, la coerenza dello script non hanno più alcun significato: la macchina da presa, il suo sguardo, è l’unica cosa che conta davvero. Uno sguardo che si evoluto negli anni ed è diventato uno sguardo protettivo, affettuosamente e letteralmente paterno, verso la figlia/protagonista Asia, ormai vero fulcro del suo cinema insieme ad altri personaggi femminili da Jessica Harper e Jennifer Connelly in poi.
E’ quindi un film affascinante proprio nella sua grezza dimensione quasi infantile, che vive di improvvisi lampi visivi, flash che si perdono nel nulla, piani sequenza e movimenti di macchina che nascono del tutto immotivati. La sua protagonista scende lentamente in una Roma totalmente inedita, fatta di vicoli e clochard, streghe e figure oscure, malsane, che conducono ai bassifondi. Una dimensione dello spazio (ancora una volta, Argento ricrea una città  immaginaria, che letteralmente non esiste) che viene alternata con le immagini da cartolina dell’Urbe, dove sembra illogico che possa risiedere l’origine di ogni male.
Percorre una strada accidentata di ingenuità , omaggi gratuiti al genere, vuote dimostrazioni di talento come i piani sequenza nella dimora della Mater Lacrimarum, dettagli che dimostrano come, nonostante tutto, Dario Argento sia l’ultimo visionario rimasto al nostro cinema, anche volendo tralasciare tutti i risvolti sociologici (basta aprire un giornale per capire quanto sia attuale questo film) che al regista sono sempre interessati fino ad un certo punto.
Un film senza compromessi, capace di suscitare amore e odio: degno di un autore che, a differenza di tutta l’apatica paccottiglia televisivo/autoriale dell’Italia di oggi, riesce ancora a provocare sentimenti di attrazione/repulsione.
Locandina
Sceneggiatura di: Dario Argento
Interpreti: Asia Argento, Moran Atias, Adam James, Udo Kier, Coralina Cataldi Tassoni, Daria Nicolodi
Prodotto da: Opera Film (Salvatore e Dario Argento), Medusa, Sky
Distribuito da: Medusa
ITA 2007
Durata: 98′

TRAILER: