I Dead Meadow sono decisamente uno dei miei gruppi preferiti. Gli perdono perfino di aver sfornato 3 album fotocopia, negli ultimi 5 anni, se la matrice è “Shivering King and Others”.

Per i Dead Meadow non è difficile, non c’è nulla da inventare. Il loro è un rock psichedelico giocato per lo più attorno ad in ingarbugliata chitarra, le cui sferzate si propagano nell’aria come i cerchi nell’acqua rotta da un sasso.
Esordiscono per la Tolotta Records dell’ex Fugazi Joe Lally, nel 1999, quando ancora sono uno dei tanti gruppi indie-punk del Washington District. Ben presto è il forte ascendente dei Sabbath ad aver la meglio sul loro sound.

“Old Growth” presenta due sostanziali differenze rispetto la discografia fin qui pubblicata. La prima è che a suonarci sopra sono nuovamente in tre, ai tempi di “Feathers” Cory Shane si era aggiunto momentaneamente al gruppo di Jason Simon (voce e chitarra) & Co.. La seconda è che l’intensità  sonora a muro, sempre costante nei dischi precedenti, qui è sapientemente alleggerita da respiri acustici e breack riflessivi. Un bicchier d’acqua fra un calice di rosso e l’altro. “Seven Seers” splendido esempio di questa tendenza e il dialogo di chitarre in “Down Here”, sono fra i momenti migliori del disco.

Inevitabile il paragone con i recenti Warlocks, il cui cambio di etichetta, da major a nuovamente minor, ha segnato un ritorno al feedback. Tuttavia il sound dei Dead Meadow è più ‘chitarristico’ e stoner e molto meno shoegazing.
La storia fra i Dead Meadow e i Black Sabbath ha già  scelto, ma da quando è la storia a suggerirmi i dischi ?