“Fall Of The Lavender Bridge” è uno di quei dischi nei confronti dei quali non so come sentirmi. Anzi, uno di quei dischi nei confronti dei quali ho una chiara idea di quanto possa essere superfluo “sentirsi”, in qualsiasi maniera. Il concetto di uno che molla i Test Icicles per cercare nuove strade espressive fa morire dal ridere da prima di avere ascoltato la musica. E scusate se sono prevenuto.
Lightspeed Champion, dal vivo, inizia nel peggiore dei modi.

Al Bronson di Ravenna l’apertura è affidata ad A Classic Education di Jonathan Clancy e soci, risposta italiana a quel genere di impostazioni ultrapop canadese con un sacco di violino à  la Arcade Fire (risposta ad una domanda che personalmente mi sono ben guardato di porre); partono malissimo, con la voce bruciata nel mixaggio e le canzoni che O ne soffrono troppo O non funzionano per niente. Esco a farmi una sigaretta, e io non fumo. Quando rientro mancano due pezzi alla fine e qualcosa sembra essersi sistemato: miglior suono, migliori canzoni. Ancora non abbastanza per interessare uno che non sopporta la radice da cui discendono, ma riescono a scendere dal palco con il beneficio del dubbio.

Lightspeed Champion è speciale. Lightspeed Champion bypassa il problema di una scrittura non esattamente Kekko-friendly con una performance incredibile. Lightspeed Champion è una specie di mashup stereotipo del postpunker 2.0 e il classico chitarrista nero che se ne va in giro a stileggiare per i palchi. Lightspeed Champion suona pezzi di “Fall Off The Lavender Bridge”, suona roba inedita, suona -sul finale prima del bis- il tema di Guerre Stellari (la sua ossessione, c’ha pure l’adesivo sulla chitarra) come fosse un pezzo dei Black Flag. Lightspeed Champion riceve gli applausi che merita, da un pubblico delle non-grandi occasioni. Gruppo a quattro elementi, batterista donna che picchia su ritmi drittissimi e più dancey di quanto sia permesso ad un progetto che vuole bypassare l’esperienza Test Icicles; basso e tastiere/violini a cura di due dissociati senza capelli che a fianco del pittoresco Dev (Colbacco, hoodie, occhialini, pantaloni a sigaretta con culo basso e scarpe anni ’50). Turnover completo, ogni musicista finisce a suonare ogni strumento prima che il sipario cali. Delle belve.

Me ne vado durante il bis, si è fatto troppo tardi. Le cronache sportive raccontano di un match di calcetto fuori dal Bronson, Lightspeed Champion contro una rappresentanza del pubblico accorso tra cui spicca Enzo Polaroid. Vince Lightspeed Champion 10 a 9. Polaroid infortunato. In vista degli europei è una notizia di merda.

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