Joan As Police Woman, Duel Beat, Napoli, attendo. Attendo il 25 novembre con ansia irrefrenabile, con la gioia di un bambino che aspetta il tanto agognato regalo di natale. Un’attesa che si protrae fino alle 22.30. La sala, inizialmente vuota, poco a poco, inizia a riempirsi.

Ore 22.30, Joan Wasser entra sul palco, eccentrica, americana, glamour, affascinante. Una brochure presa da un tavolino promette ‘Beauty Is The New Punk Rock’, getto un ultimo sguardo a questo motto, imbraccio la fotocamera e inizio a bere, come incantato, ogni singola nota, ogni parola, ogni gesto.
La prima canzone è “Honor Wishes” tratta da “To Survive”, lavoro molto più intimo rispetto al precedente “Real Life”, seguita dalla bellissima “To Be Loved” interpretata intensamente da Joan alla tastiera.
Le canzoni passano via velocemente, nonostante i toni riflessivi dei brani, Joan sembra particolarmente ispirata e sembra divertirsi sul palco assieme al bassista e al batterista. Dopo “To Be Lonely”, pezzo che incanta tutto il Duel Beat che l’ascolta in rigorosissimo silenzio, è il turno di un trio di canzoni che raggiunge il vertice massimo con “We Don’t Own It”, un soul profondo che lascia spazio alla voce-vertigine di Joan e alle emozioni del pubblico in sala, dedicata ad Elliott Smith.

Subito dopo “Fire” promette un ensemble di canzoni ‘di fuoco’ e così sarà  : seguiranno l’acclamatissima e tiratissima “Christobel” e la, fin troppo, invocata “Eternal Flame” che, sicuramente, è il pezzo forte della serata, quello che ti dà  i brividi alla schiena, sentito, vissuto. Spendo due parole su “Eternal Flame” che, secondo il mio modesto punto di vista, potrebbe essere l’archetipo del pezzo pop per eccellenza. La struttura ritmica-melodica è semplice ma gli arrangiamenti sono abbastanza inusuali e l’interpretazione è viscerale, esplosiva. Il pubblico avverte tutto questo e si lascia coinvolgere dalla ‘donna poliziotto’, ringraziandola, a fine canzone, con un lungo applauso. Altro pezzo degno di essere menzionato è uno dei due bis, “Real Life”, che mantiene lo stesso spessore e la stessa intensità  della sua versione in studio.

Ho apprezzato tante cose in questo concerto, innanzitutto il clima che Joan ha creato con il pubblico. Si respirava un atmosfera intima, confidenziale, in cui si poteva interagire liberamente con l’artista. L’esempio più lampante è stato l’intervento in un paio di canzoni, una volta alla tastiera e la seconda volta ai cori, di un misterioso personaggio, molto 70’s, che, probabilmente, ha voluto coronare un suo sogno ma che, sicuramente, ha fatto divertire un po’ di persone con la sua presenza scenica. Altro esempio è il dialogo, portato avanti tra un pezzo e l’altro, tra una ragazza del pubblico e Joan, simpatici siparietti che non stonavano assolutamente nell’ambito di un concerto condotto sempre a livelli alti.
Sicuramente non ho assistito ad un concerto perfetto dal punto di vista tecnico, e nemmeno lo cercavo, dato che i due musicisti che l’accompagnavano si limitavano a svolgere il compito a loro assegnato. Dal vivo, Joan Wasser catalizza l’attenzione di tutto il pubblico, occupa tutta la scena con il suo fascino e con quella voce così profonda e vissuta. E a noi questo bastava. Joan As Police Woman non vende la sua bravura o la sua tecnica ma offre pezzi della sua vita, del suo dolore, dei suoi amori, della sua anima. è musica che si deve sentire, assaggiare, vivere.
Forse quest’artista è la nuova musica soul, non lasciamocela sfuggire.

Credit Foto: Eric de Redelijkheid from Utrecht, Netherlands, CC BY-SA 2.0, via Wikimedia Commons