Un gruppo di ragazzini che passavano la giornata ascoltando “Is This It” degli Strokes, provando i propri brani in garage, collegandosi di tanto in tanto ad internet per caricarli sul sito e la sera si ritrovavano al pub davanti a una birra o a una porzione di fish & chips nella loro città  dello Yorkshire. Poi tutto cambia e grazie a una importante rivoluzione sociale chiamata MySpace si trovano ad essere la più importante rock band della Gran Bretagna dai tempi degli Oasis, senza avere neanche dato alle stampe un debut album. Ecco quindi che ‘il giorno dopo’ arriva anche quell’album e diventa il più venduto in Gran Bretagna all’esordio, proprio ai danni di “Definitely Maybe”.

Da lì in poi è storia: una nazione impazzita, migliaia di fan ovunque e festival che li incoronano piccoli mostri da palcoscenico. Il DVD che abbiamo messo in palio in edizione limitata su queste pagine durante il periodo di Natale e che si è aggiudicato una nostra fortunata lettrice, non fa che confermare tutto quello che già  pensavo della band di Alex Turner. E cioè che sono indubbiamente una buonissima band, composta da 4 ragazzi (il bassista non era nella formazione originale) che sanno suonare i loro strumenti in una maniera a dir poco perfetta per la musica che scrivono, che hanno surclassato anche i loro idoli di gioventù. Ovviamente il rovescio della medaglia è che alla lunga (e questo DVD ne è anche un po’ la prova) le composizioni della band, se si entra ‘appieno con le orecchie’ nella formula proposta dagli inglesi, risultano dopo un’ora di ascolto, tutte piuttosto simili. Niente da ridire per carità , io adoro il modo in cui Turner suona la chitarra, canta, e secondo me il batterista, con tanto di ‘panzetta da birra’ è un vero fenomeno, hanno un senso della metrica rigoroso e ben studiato, ma a volte uno si potrebbe addormentare durante “D is For Dangerous” e risvegliarsi solo dopo pochi minuti, magari a metà  di “The View From The Afternoon” senza neanche accorgersi che è un’altra canzone.

Volendo parlare maggiormente del DVD c’è da dire che la location è spettacolare: nè grande nè piccola, al chiuso, un posto perfetto, suddiviso in due piani dove centinaia di ragazzi ballano e si divertono. Le riprese sono fantastiche e danno un senso di tridimensionalità  non indifferente anche grazie alle luci che una volta propongono i membri del gruppo sotto un rosso acceso e inquietante, un’altra volta ‘smorzano visivamente’ le distorsioni musicali con un blu scuro, poi”… . Sembra di assistere a uno show vintage dei Doors girato in pellicola, migliorato ancora di più poi in post produzione durante i giorni nostri.

Una bella esibizione. Un’esibizione dove Alex Turner si rivolge al pubblico con la sua consueta faccia ultra-annoiata dicendo Oh”…cercate di fare più casino”…è tutto troppo tranquillo qui oggi prima di lanciarsi dentro uno dei vortici elettrici che hanno reso famoso questo gruppo. Sembra che la band si diverta di più durante i pezzi più tirati tipo “When The Sun Goes Down” eppure la vera classe la si vede in brani come “Fluorescent Adolescent”.

Proprio l’altro giorno stavo riascoltando i primi due album degli Oasis, un’altra band capace di parlare ai giovani di una nazione come poche altre nella storia della musica. Ovviamente la storia della Gran Bretagna in questi 15 anni è cambiata, si è evoluta, però le problematiche sociali ci sono sempre e le storie di tutti i giorni fatte di sigarette e troppo alcohol, cibo divorato in tutta fretta al pub, tv spazzatura, partite di calcio, pioggia e freddo e amori nati nei night-club sono sempre le stesse. E’ normale che il parallelo tra Alex Turner e il Noel Gallagher della prima ora mi sia venuto in mente all’istante, ma non c’è partita: se è vero che Alex Turner ha tranquillamente pisciato sopra il giubbino di jeans firmato di Julian Casablancas è anche vero che, per il momento, gli Arctic Monkeys devono percorrere ancora molta strada prima di scrivere un pezzo di storia come lo ha fatto negli anni novanta quella che a posteriori, già  da adesso, si può considerare una delle band più importanti mai nate sotto i colori della Union Jack. D’y know what I mean?