Questo è un regalo di un piccolo e distante pianeta, un frammento dei nostri suoni, della nostra scienza, delle nostre immagini, della nostra musica, dei nostri pensieri e sentimenti. Stiamo cercando di sopravvivere ai nostri tempi, affinchè un giorno potremo vivere nei vostri.
Fonogramma di Jimmy Carter – Sonda Spaziale Voyager 1 ““ 1977

Quando sarai così lontano da dove sei partito, cosa porterai ancora di te? Forse abbiamo sempre sbagliato, quella che chiamiamo memoria è in realtà  l’anima. Delle cose, delle persone, dei luoghi che abbiamo conosciuto.
Invece continuiamo a intrappolare tutto, in una fila di scatole etichetta e ordine cronologico, dove ieri copre l’altro ieri, l’altro ieri il giorno prima e continuando così fino a dimenticare. Fino a cancellare quello che siamo.
Nella musica dei Mono tutto avviene adesso, necessario allora eliminare da subito le odiose parole, le definizioni che intrappolano. Le progressioni in crescendo tanto care al post rock diventano solo l’espediente formale per ingannare quella claustrofobica sequenzialità : musica che non ascolti dall’inizio alla fine, ma dall’esterno verso l’interno. Guardare quel cursore che scorre verso destra, significa sbagliare leggendo minuti e secondi. La realtà  è sempre semplice, ascolta e basta.
I Mono riescono a raccontare quello che non dicono. Sembra un paradosso ma di nuovo è tutto molto semplice: come nei fumetti, dove l’azione avviene proprio dove non c’è, ovvero in quello spazio bianco tra una vignetta e l’altra. Dentro di noi inventiamo, creiamo quello che sulla carta non si vede.
Il post rock visionario dei Mono riesce a evocare immagini e idee ma mai parole. Forse per questo è così difficile raccontare cosa c’è nei loro dischi o forse sono io che prendo sempre le cose dall’angolazione più difficile.

La concentricità  del loro modo di concepire la musica è efficacemente testimoniata da questo primo decennio di attività , con 4 album qualitativamente in costante ascesa, “Hymn To The Immortal Wind” segna un ulteriore avvicinarsi al nucleo centrale ovunque esso sia. Ancora più interiorizzata le composizioni del quartetto nipponico qui in parte abbandonano i crescendo più fragorosi caratteristici di molti loro brani precedenti, allungandosi verso progressioni più orizzontali sostenute dagli arrangiamenti sinfonici arrangiati personalmente da Goto, chitarrista e fondatore della band.
Ma anche in questo aspetto tecnico il sentire emozionale prevale sulla convenzionalità  del fare musica e rimaniamo lontanissimi dalle atmosfere patinate che solitamente derivano da questo tipo di commistioni tra rock e orchestre: complice anche Steve Albini e se vogliamo una certa mancanza di rispetto per i dogmi della musica sinfonica si sceglie, coraggiosamente credo, la strada della registrazione in presa diretta a microfoni aperti.
Se volete il mio parere il risultato è assolutamente sorprendente, tanto da riuscire a cancellare in qualche modo lo spazio tra l’austerità  dei violini e la ruvidità  dei distorsori delle chitarre, trovando un equilibrio e una consistenza alchemica spiazzante. E’ perfino facile scorgere in alcuni passaggi più delicati i scricchiolii dei leggii o qualche rumore infiltrato. Ne risulta un feeling da live rock che prende di pancia. Posso aggiungere solo che sarebbe stato fantastico tecnicamente avere un incisione in 5.1 dove a livello di spazializzazione dei suoni avrebbe sicuramente aggiunto qualcosa di ulteriormente inedito.

Ad un decennio dal debutto il post-rock siderale dei Mono è ancora in viaggio, come quella sonda spaziale oggi a 14 milioni di chilometri dalla terra. Sono due viaggi diversi, ma io credo, stiano portando le stesso messaggio.

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Hymn To The Immortal Wind [ Temporary Residence / Human Highway – 2009 ]
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Similar Artist: Goodspeed You! My Black Emperor, This is Your Captain Speaking, Caspian
Rating:
1. Ashes In The Snow
2. Burial At Sea
3. Silent Flight, Sleeping Dawn
4. Pure As Snow (Trails of the Winter Storm)
5. Follow The Map
6. The Battle to Heaven
7. Everlasting Light