Abbiamo tutta la notte per farci delle promesse. Poi berremo, faremo l’amore, taglieremo i nostri cuori e li medicheremo con le parole migliori. Guiderò fino all’alba, appena il dirupo mi farà  spavento, mi fermerò e liscerò la tua pelle l’ultima volta. è proprio un fracassarsi le costole quest’amore senza senso. L’aurora gelata sgretola l’ultima patina nera attorno ai miei occhi ciechi e s’incrinano le ossa. I mandorli di notte sono fari puntati sui lividi celesti, così bianchi che fa paura stendersi sotto. è davvero impossibile reggere alle tue storie, eppure sono ancora qui.

Va bene per ora, così bene che ho lasciato le cassette in macchina, ma le sentiamo lo stesso tra l’erba alta. Ti piacevano gli Smiths, dicevi che era come avvelenarsi con la torta più buona e che non ci sarebbe stato niente di meglio. Poi hai ascoltato un manipolo di canadesi ed hai pianto di nuovo, come non facevi da dieci anni. Ed un sangue come il tuo poteva sciogliersi solo dinanzi ad un cerchio tirato giù senza sbavature.

Il segreto della perfezione si nasconde tra le anse poderose del fiume St. Lawrence, nella regione delle Thousand Islands e noi non lo sapevamo. In quello spazio infinito, a cavallo tra Ontario e Stati Uniti, Tony Dekker, leader dei Great Lake Swimmers, ha lasciato danzare liberamente i suoi fantasmi e i suoi sguardi limpidi. Ne è venuto fuori un album costruito attorno a melodie splendenti, chiare, bagnate da una luce battesimale, cascate fluorescenti di pulviscolo come quelle che traforano i rosoni gotici delle cattedrali. Una malinconia romantica travasa dal disco fin dentro le vene, creando ampi movimenti di bellezza, finchè davvero non vengono alla mente alcune delle amarezze zuccherate cantate da Morrissey.

Al contempo l’ascoltatore si trova immerso in una musica robusta, incisiva, tenuta stretta dalla serica vocalità  di Dekker, indistinguibile chiave di volta di una band che al quarto tentativo è riuscita a scavarsi un posticino tra i classici moderni del folk-rock. E questo grazie non solo a canzoni che come cera gocciolano lente e calde tra i pori accesi dei nostri recettori, ma anche e soprattutto grazie ad interpretazioni sentite, quasi sofferte, sincere fino al midollo, sferzate da frasi taglienti, dolorose, ingrossate dalla cupa perdita, ma rinfrancate un attimo dopo dalla visione totale di una Natura prepotente.

Una scaletta perfetta aiuta a cadere in un dolce deliquio, sino a che non ci si ritrova a danzare nel miglior sogno possibile cullati dalla voce d’albicocca di un cantastorie ostinato, delizioso, timidamente sospeso tra le agresti nenie di Sam Bean e l’irruenza nostalgica dei Midlake.

Non ci resta, dunque, che rimanere così, nella attesa che “Lost Channels” termini il suo cantilenare luminescente per poi far ripartire nuovamente la giostra, tralasciando le sperimentazioni e rifugiandoci nel gesto ripetitivo dell’ascolto ad oltranza. Ed allora sì, che tutte le promesse si scioglieranno nel giro di una canzone.

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Lost Channels [ Nettwerk – 2009 ]
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Similar Artist: The Smiths, Ola Podrida, Midlake, Fleet Foxes, Iron & Wine
Rating:
1. Palmistry
2. Everything Is Moving So Fast
3. Pulling On A Line
4. Concrete Heart
5. She Comes To Me In Dreams
6. The Chorus In The Underground
7. Singer Castle Bells
8. Stealing Tomorrow
9. Still
10. New Light
11. River’s Edge
12. Unison Falling Into Harmony