Curiosità , ricerca, dedizione, lucidità  e più di ogni altra cosa passione. Quando si prova ad abbracciare con una sola occhiata la storia degli Yo La Tengo, queste sono le parole che più di altre emergono dai pensieri. Le influenze, le cover, gli omaggi, citati o non citati, riconoscibili o nascosti, consapevoli o spontanei, hanno plasmato la musica del trio di Hoboken, New Jersey, in decine di forme differenti. In venticinque anni di carriera si sono confrontati col noise e con il funk, col pop più semplice e lineare e con il rock più psichedelico e torrenziale, col garage, con l’elettronica, con gli anni ’60 e con i ’70. Spinti in ogni occasione a mettere i propri strumenti al servizio della musica che è stata in grado di colpirli. La questione della passione si ritrova proprio in questo: fare canzoni che abbiano almeno la stessa forza di quelle che hanno saputo regalarci qualcosa. E’ il segreto degli Yo La Tengo, la formula che gli permette di piazzare in uno stesso album cavalcate noise da un quarto d’ora, secchi omaggi R&B e atmosfere lounge senza perdere, nemmeno per un secondo, la propria, solidissima, identità .

Il percorso discografico degli Yo La Tengo procede per accumuli ed espansioni: si aprono di volta in volta territori nuovi, si immagazzinano esperienze e si muovono passi in direzioni ancora da esplorare. Nel frattempo si acquista sicurezza, coraggio e si costruisce una stabilità  che diventa in più di un senso quella familiare. Un percorso che raggiunge il suo apice nella prima metà  degli anni ’90, con “Painful” e con “Electr-O-Pura”, due album per certi versi speculari. Dopo, con “I Can Hear The Heart Beating As One”, gli Yo La Tengo passano su un piano differente. Si potrebbe dire che è questo il momento in cui Ira, Georgia e James raggiungono lo status di maestri dell’indie-rock, ma sarebbe una semplificazione incapace di rendergli giustizia. E’ meglio dire allora che in questa seconda parte di carriera gli Yo La Tengo hanno ormai accumulato tutta l’esperienza e la decisione necessarie per poter maneggiare con sicurezza l’enorme universo sonoro di cui hanno preso possesso. Possono continuare a divertirsi spaziando tra i generi più disparati e costruendo, con la cura degli appassionati, le loro canzoni. Possono continuare ad assemblare dischi precisi, divertenti e preziosi esattamente come questo “Popular Songs”.

In linea con il carattere “storico” della band, il modo migliore per guardare all’album è quello del vecchio ma sempre attuale formato in vinile. Un doppio LP che spezza la scaletta in modo diseguale: nove tracce ad occupare il primo disco e le ultime tre a riempire i solchi dei lati C e D. L’apertura, “Here To Fall” è una sorpresa. Una intro lisergica, scossa da una ritmica serrata e portata a galla dall’ingresso degli archi, posizionati con sapienza lungo tutta la traccia, come fari a donare la luce che serve quando ormai si sta per affondare. Così Ira finisce per essere circondato da un senso di serenità  rassegnata quando canta I know you’re worried / I’m worried too / But if you’re ready / I’m here to fall with you. E non manca di chiedersi: What else is there for us to do? Gli archi ricompaiono più avanti con “If It’s True”, duetto posato tra Georgia e Ira che riecheggia gli anni ’60 più classici, con un tocco di Motown e una punta di northern soul. Di tutt’altra pasta sono “Avalon Or Someone Very Similar” e “Nothing To Hide”: la prima è una corsa parallela tra la dolcezza della voce di Georgia e una chitarra satura che prende possesso dello sfondo, con la seconda si parla di indie-rock d’altri tempi, pochi accordi, tre minuti, ritmo deciso, una melodia irresistibile e un poco amara. Ascoltando la spettrale “By Two’s” invece non si può fare a meno di pensare a Nico, e il vecchio e mai sopito amore per i Velvet Underground torna fuori, nascosto dietro le chitarre acustiche, anche in “When It’s Dark”. Con l’organo secco di “Periodically Double Or Triple” siamo di nuovo negli anni ’60, questa volta dalle parti della Stax Records e del Memphis soul di Booker T. & The MG’s. E ancora, in “I’m On My Way” il trio di Hoboken gioca con l’indolenza delle atmosfere lounge, mentre i coretti che riempono “All Your Secrets” evocano serenità , ma senza rassicurazioni: Say the worst should happen / Would we plan for that / Even if we could?

Le ultime tre tracce, raccolte insieme, totalizzano trentacinque minuti di durata. “More Stars Than There Are In Heaven” è dilatata, lenta, ipnotica e satura, pur mantenendosi ben piantata su una struttura di una semplicità  disarmante. L’intreccio delle voci e le sovrapposizioni di chitarra, veri marchi di fabbrica quando si parla di Yo La Tengo, fanno la differenza, e l’accumularsi di minuscoli cambi di tono porta, quasi senza avere il tempo di accorgersene, ad un finale pienissimo. Con “The Fireside” si sfocia invece nel campo delle colonne sonore, attività  che Ira, Georgia e James portano avanti ormai da tempo, con costanza e ottimi risultati. C’è una chitarra che sparge note su uno sfondo sfumato, un giro di basso che arriva a donare calore e la voce di Ira, sospesa per un attimo a mezz’aria e subito scomparsa. Poi, con il finale, si abbandona ogni cautela. Un quarto d’ora abbondante per spiegare il noise a grandi e piccini. “And The Glitter Is Gone” è, se ce ne fosse bisogno, una rassicurazione: tranquilli, gli Yo La Tengo non accennano a perdere un briciolo della loro classe e, soprattutto, si divertono ancora un mondo. Una certezza, tra le poche rimaste.

Cover Album

Popular Songs
[ Matador – 2009 ]
Similar Artist: The Velvet Underground, Galaxy 500, The Magnetic Fields, Built To Spill
Rating:
1. Here To Fall
2. Avalon Or Someone Very Similar
3. By Two’s
4. Nothing To Hide
5. Periodically Double Or Triple
6. If It’s True
7. I’m On My Way
8. When It’s Dark
9. All Your Secrets
10. More Stars Than There Are In Heaven
11. The Fireside
12. And The Glitter Is Gone

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