Il packaging riflette già  l’aria sospesa di questo pugno nero di smania musicale. Perchè è di questo che si tratta, signori. Dalla punta della Svezia con furore, recalcitranti schioppettiì di postpunk e new wave vichinga. E’ così che facciamo rivivere gli oggetti in soffitta. Li tiriamo giù e quelli suonano meglio di prima. E poi questi Bear Quartet mica sono rimasti fermi in un angolo in questi anni! Si sono fatti corteggiare dalla critica e mettere in sordina dal pubblico. Degno del cult. Revival così trash nella maschera da essere fottutamente di moda e galoppante. Senza lavoro sulla profondità  sonora, ma scarna “‘Indipendenza’ dalla volontà  generale di nascondere le note in un’amalgama generale che confonde musicisti con ciabattini. Lì su al nord estremo le mode arrivano in tempo, ma poi sono dure a morire. E il segno degli anni’80 ha imbevuto così tanto la musica svedese di strafottenza che la gente che cammina nella neve da sola con l’ipod nelle orecchie, passa dal minimal al dreampop tutto sfornato dalla rete locale e contemporaneamente vomitato dagli stessi consumatori. Non so se è un’operazione di marketing scandinavo che si attiene ai criteri metalvogue, oppure pazzia di questi cinque musicisti con parecchio olio di gomito a far funzionare gli ingranaggi delle loro ossa, ma il lato fisico e tangibile del cd non è distinguibile da un qualsiasi compact domo metal (parlo anche di artwork).

Le tracce sono l’espressione del loro ritorno alle origini del’ “89” (anno di formazione della band), e passano dal glam all’art rock, con la netta sensazione che ci si sia sintonizzati su una radio nostalgica dell’analogico schizzoidismo delle band che furono. E fortunatamente qualcuno mantiene la tradizione con la ricetta giusta: saper suonare e non aver vergogna.
“Halmet” sincronizza elettronica e corde stridenti, dimenandosi come un serpente appena sparato tra Siouxie & Banshees e gli Handsome Furs.
“Millions” è una B-side dei Phoenix, ma nè i Phoenix nè i Bear Quartet lo sanno.
“Sweet Beef” è hard rock, più specificamente Bon Jovi che divora i resti di un cantante ventenne powermetal, che resuscita nella seguente “Least Loved”, che realmente non ha nulla da invidiare ad un pezzo degli ultimi Helloween (con un po’ di progressioni alla Holocaust, e anche un po’ di Accept a dire il vero).
“I Am Tour Sister” è delirantemente alla Tool, nel senso che dentro ci ho sentito proprio i Tool, e ho provato, almeno sotto forma immaginifica, quello che si prova in un’overdose di eroina sul retro di un furgoncino parcheggiato in mezzo a un bosco.
E poi arrivano gli effetti di chitarra flanger con “On The Map” e ci si commuove, perchè si annusano i Temple of te Dog quindicenni in una cantina ma pieni di buone intenzioni. Questo è un pezzo che sarebbe diventato una hit nel ’91, ma questi ragazzi nel ’91 stavano a fottersi di freddo a Luleà¥, e non a Seattle.
“I Was a Weapon” è il mio pezzo preferito. Ritmi suadenti orientaleggianti si districano in un progredire sincopato, mantenuto e ridondante come questi aggettivi.
Solenne, il testo si staglia come una cicatrice su una faccia. Qui ci vedo un alternative degno di Opiate.

Discordanze di direzioni di scale pentatoniche che si spalleggiano ci portano “Reanimation of te Dead Sea” (gran titolo), e mi distraggo un attimo, scambiandoli per i dEUS appena sento la melodia principale (suona proprio parecchio alla dEUS).
Già  dal nome, “Carry tour Weight” è una ballatona alla Bryan Adams secondo periodo, e mi convinco che questi cinque(eh già , non sono un quartetto davvero) mi fanno proprio divertire.
Mentre si chiude “Northern”, una sorta di Ok Go che riarrangiano Nino D’Angelo e Tears For Fears in un frullato micidiale, mi cade la lacrimuccia ascoltandone il bridge dai bassi toni, che rivela la tenerezza di chi continua imperterrito a fare qualcosa che gli piace.
Questo disco è Bello e Divertente. Aggressivo nella sua spontaneità  di rivelare la propria fragilità , fiero di una prog-pankettosità  ind(-i)ecorosa per dei tempi con tanti snobismi di esegetica.

Cover Album

89
[ Adrian – 2010 ]
Similar Artist: dEUS, BRMC, Vanden Plas
Rating:
1. Halmet
2. Millions
3. Sweet Beef
4. Least Loved (Of The Unloved)
5. I Am Your Sister
6. On The Map
7. I Was A Weapon
8. Reanimation Of The Dead Sea
9. Carry Your Weight
10. Northern