L “‘annuncio risale all’uscita del suo predecessore, “Junior”: il duo di Tromsø, fresco di promozione del terzo album, avrebbe pubblicato un quarto imminente lavoro, opposto sin dal titolo alle atmosfere dance e ambiziosamente pop del precursore. Un’opera introversa, pacata e vagamente misteriosa con cui, hanno sperato in molti, ricalcare le orme di “Melody A.M.”, perla irripetuta della coppia norvegese.

A un primo ascolto del disco appare chiaro come la speranza di rievocare le atmosfere dell’esordio venga rapidamente a mancare, seppur nutrita da episodi inaspettatamente piacevoli e vaghe rimembranze del debutto.
Sin dalla prima traccia, “”…And The Forest Began To Sing”, tripudio sintetico marcato dall’ispirazione naturalistica tanto in voga ultimamente (Fever Ray e iamamiwhoami insegnano) appare evidente il cambio di marcia rispetto a “Junior”, evidenza che vacilla al partire del secondo brano, “Tricky Two”, che altro non è che la prosecuzione dello strumentale di “Tricky Tricky” aggiornato e rivisto a favore di “Senior”. Se l’evoluzione può piacere per il suo variare saltellante da un rave a un chillout di Kraftwerkiana memoria (il pacato fluire finale porta alla mente le composizioni del quartetto di Dusseldorf a cavallo tra gli anni ’70 e ’80) la mancanza degli acuti spigolosi di Karin Dreijer Andersson pesa come un macigno. La cinguettante “The Alcoholic”, figlia illegittima di “Melody A.M.” e “Senior Living”, malinconicamente elegante, che riporta alla mente le Vergini Suicide degli AIR, seguono a bacchetta il concept dell’album, mentre l’impensata “The Drug”, primo singolo estratto, segna un episodio innovativo per i Röyksopp: 6 minuti di delizia minimal di scuola berlinese, caso più unico che raro per il duo, fin dai primi anni d’attività  portabandiera insieme a pochi altri colleghi dell’orgoglio elettronico scandinavo.

>Dall’insipido lounge di “Forsaken Cowboy” in poi il disco non segna punte rilevanti; “The Fear” e il suo tentativo di simulazione french-touch, il chillout di “Coming Home” e “A Long, Long Way”, onirica chiusura à  la Röyksopp non aggiungono nulla a quanto già  detto, rischiando invece di appesantire inutilmente l’ascolto.

Nel complesso “Senior” risulta un album dalla sufficienza assicurata, forse anche qualcosa di più, ma che limita le proprie capacità  e che non regge il confronto coi precedenti lavori. Un album che rischia di essere ulteriormente screditato in quanto “‘colpevole’ di essere un lavoro di transizione, ancora acerbo e troppo variegato per essere apprezzato nella sua totalità .