“Marble Son” è un disco in cui sono entrato malvolentieri e ancora oggi lo ascolto più per dovere che per piacere. La cosa singolare è che siamo al cospetto di un lavoro tutto sommato sufficiente; le mie resistenze sono dovute a sensazioni “epidermiche” poco appaganti con la musica che propone. A volte sono i dischi a venire da noi, in questo caso io e lui giriamo alla larga l’uno dall’altro. Era una precisazione doverosa da fare perchè quanto segue è frutto di un grande sforzo personale: amettere due righe in fila senza l’aiuto dell’emotività che di solito comunica un ascolto è spesso un’impresa titanica.
Poco meno di un’ora (pure troppo) di folk dalle tinte fosche, vicino alla tradizione americana classica, tra ballate alcoliche e cavalcate elettriche. Onde sinusoidali di concolamata eleganza in cui affondano le armonie vocali sottili e sbilenche di Jesse Sykes. Niente di nuovo sotto il sole, il tutto pare anche troppo pastoso e diluito per essere convincente al cento per cento. Una fatica, almeno per il sottoscritto, arrivare in fondo alla scaletta senza essere preda degli sbadigli. Una bella prova calligrafica di folk-rock, un po’ prolissa e autoindulgente. Nessuna emozione all’orizzonte, magari qualcuno sarà più fortunato di me e ci troverà qualcosa di più ‘vivo’.
2. Marble Son
3. Come To Mary
4. Servant Of Your Vision
5. Ceilings High
6. Be It Me, Or Be It Done
7. Pleasuring The Divine
8. Instrumental
9. Birds Of Passerine
10. Your Own Kind
11. Wooden Roses
Ascolta “Come To Mary”