Il boom delle Dum Dum Girls nel 2010, apparentemente uscite dal nulla in mezzo a quello sciame di punkette lo-fi che complice una certa stampa affascinata da quel suono retro ha aleggiato un po’ ovunque per mesi, potrebbe solo sembrare frutto del caso ““ ma anche di una buona operazione commerciale premeditata, ma io non ho detto niente eh, shh. La verità  è che all’affascinante Dee Dee Penny, ovvero Kristin Gundred, ovvero le Dum Dum Girls (le altre signorine, bellissime anch’esse per carità , non prendono parte alla composizione dei brani), appurata la furbizia di aggrapparsi a un sound di moda all’epoca del debutto e constatata la vicinanza al leader di una delle band maggiormente coinvolte in esso, bisogna riconoscere una verve fuori dal comune, modellata da anni di gavetta sia come solista che coinvolta in altri progetti. Probabilmente è proprio grazie a un abbondante lavoro precedente alle Dum Dum che Kristin, per prima tra i nomi della fratta chic-lo-fi prende in mano un movimento che non sta andando da nessuna parte.

L’evoluzione delle Dum Dum aveva già  fatto capolino da dietro la copertina di “He Geets Me High”, dove quattro canzoni tra le quali, guarda un po’, una cover di “There Is A Light That Never Goes Out” preannunciavano un sound più patinato, un uso della voce più massiccio e, su tutti, una buona ripulitura dello sporcizia lo-fi. Tutti questi fattori elevati alla seconda sono i punti cardine di “Only In Dreams”, dove oltre ai vecchi punti di riferimento come le Ronettes e i Ramones vanno a sommarsi gli Smiths, il cui spirito aleggia in una “Heartbeat” o in una “Caught in One”. Altrove continuano a respirarsi le sonorità  di “I Will Be”, abbandonando però l’atmosfera grigiastra e una voce monocorde a favore di brani che si sbilanciano maggiormente, come accade nelle belle “Bedroom Eyes” e “Wasted Away”. Ma è “Coming Down” la vera sorpresa del disco: sei minuti e mezzo di ballad strappalacrime pompata su ottime percussioni e una voce inaspettatamente slanciata, qualcosa a metà  tra un prodottone alt-pop à  la Florence and the Machine e i Cure di “Pornography”.

Ad occhio e croce “Only In Dreams” sembrerebbe il tentativo di dimostrare al mondo come il gruppo non sia la solita fuffa indie ma una band che sa quello che fa e che non si fa trascinare da una massa che non sa bene dove si stia dirigendo. Anche dove andranno a finire le Dum Dum non è molto chiaro, ma si muovono velocemente e in binari ben scavati.