I Big Pink, di Manchester, sono tipi che lasciano la puzza sotto il naso. Non foss’altro che fanno della sobrietà  disprezzo. Quando nel 2009 partorirono “A Brief History Of Love” nessuno, che io ricordi, s’era lasciato scappare di mano l’entusiasmo. Eppure, con un lavoro che non era nient’altro che un rimpasto di shoegaze ed elettronica, erano riusciti ad accalappiarsi non poche attenzioni. Trascinato dall’alticcia “Dominos”, l’album campava di trovate semplici quanto efficaci.

Bravi a camuffarsi qua e là  dentro gli abiti stretti e scuciti di qualcun altro, i Big Pink rimettono piede sulla terra con un album che trasforma in electro-pop tutta la nostalgia anni 90 che era condensata sul precedente album. A dominare, ancora, ci sono le chitarre romantiche (melense, a volte) ed i ritornelli che riempiono di luce gli occhi. E non è un caso, allora, che l’iniziale “Stay Gold” assomigli tanto alla più vecchia “Dominos”. Dietro di lei il loro marchio di fabbrica. Echi non lontani degli M83 (“The Palace”, “1313”), spruzzate qua e là  dei Primal Scream più glam e virate hip hop nella riuscita “Give it up”. Niente più sfuriate shoegaze ma colpi di synth ovunque.

Manchester è un posto scomodo per i ricordi. Hai una buona idea e ti accorgi che la stessa qualcuno l’ha avuta prima di te. Ecco perchè dietro l’album s’aggira lo spettro in paillettes degli Happy Mondays. “Future This” è una raccolta in formato pop di alcune buone idee e molte pretese (solo paventate). Nessuno, forse, si aspettava qualcosa di più. Prova scolastica. Allora. Ascolto usa e getta.