Là , sui monti con Ufomammut. L’essere mitologico nato a Tortona (AL) oggi pascola furiosamente nei prati riarsi della California, grazie al contratto firmato con la prestigiosa etichetta Neurot (Neurosis, Steve Von Till, Harvestman).

Al di là  dell’incipit iconoclasta-bucolico, non ho parlato di monti a caso, perchè ascoltando i cinque movimenti di cui è composto “Oro” (prima uscita di un concept che vedrà  la conclusione a settembre) viene in mente un luogo buio ma meno incandescente dell’inferno, luogo solitamente tirato in ballo quando si ha a che fare col metallo pesante. Quindi nessun richiamo ad antri mefistofelici ma spazi, notturni, non meno soffocanti, post-apocalittici certo, però aperti, a metà  strada tra la terra e l’aria. Due elementi molto presenti nell’album, fatto di suoni cupi e distorti, cesellati con cura e passione e prodotti dal solito armamentario della band: basso, chitarra, batteria e synth. Una cupezza terrena, “bassa”, che nasconde però un afflato verso la trascendenza, verso “l’alto”, verso una salvezza che ha in sè già  i prodromi della condanna. Una costellazione che si morde la coda, la rabbia che che si nutre della stessa sostanza che la ucciderà . Certo non mancano le scosse telluriche a questo disco ma restano funzionali ad una contemplazione attonita della violenza che all’applicazione della stessa.

Un lavoro che ha poco da invidiare a band più blasonate e che, giustamente,  va a sfidare sul loro campo, quello del mercato americano certamente più ricettivo rispetto al nostro verso certe sonorità . “Oro” mescola le lezioni del doom, dello stoner del Duemila e della psichedelia, rivelandosi ascolto imprescindibile per gli amanti dei suddetti generi ma anche stuzzicante svisata per chi, come me, è solo ascoltatore occasionale e curioso. La confezione del disco è curato da Malleus e non serve aggiungere altro. Astenersi cuoricini zuccherosi e gommosi.

Credit: Francesca De Franceschi Manzoni, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons