Quando ascolti un disco dei Dinosaur Jr post ““ quasi ““ miracolosa ““ reunion sai già  cosa aspettarti. Volume da sordità  permanente indipendentemente dal tipo di pezzo, talmente alto che cuffie o casse che dir si voglia implorano pietà  singhiozzando. Riff mostruosi e l’inconfondibile voce di J. che canta come se volesse ipnotizzarti o farti un incantesimo, incalzata dal basso di Lou Barlow e dalla batteria di Murph. In questo, “I Bet On Sky” non è diverso dai predecessori. Riprendono da dove avevano lasciato, i Dinosauri, riannodando i fili di “Farm”, uscito ormai quattro anni fa. Solo che stavolta i pezzi non sono stati scelti esclusivamente pensando a come potevano essere suonati in concerto, ma con una maggiore libertà  creativa.

Questo è il motivo principale per cui il fulcro di “I Bet On Sky” sono le canzoni più lente, indolenti e indolenzite, malinconiche come mai prima e piene di quel romanticismo adolescenziale un filo appiccicoso (“Don’t Pretend You Didn’t Know”,”Almost Fare”, “Stick A Toe In”, “What Was That”) che i Dinosaur hanno così spesso glorificato in musica. Pezzi che si succedono scivolando uno nell’altro con una fluidità  invidiabile, lenti e indolenti certo, ma nel significato che di questi termini danno i Jr: gli assoli distorti e prolungati che parlano da soli (tipo quello di “Watch the Corners”) sono sempre dietro l’angolo, come le cavalcate rock alla Neil Young in spolvero elettrico (una “See It On Your Side” di ben sei minuti e trentanove secondi). L’andamento sincopato e la scarica d’energia di “I Know It Oh So Well”, gli hooks killer di “Pierce The Morning Rain” e una “Rude” che pare uscita da un disco dei Sebadoh, tutta farina del sacco di Lou (che canta anche in “Recognition”), fanno il resto.

I soliti cari Dinosaur Jr insomma, spiegazzati dal tempo ma senza punti nè virgole, che non tradiscono mai e nel bene e nel male ti danno sempre ciò che sei venuto a cercare. Una sicurezza per tutti i fan, nuovi o di vecchia data. Sembrano proprio essere riusciti a farcela, questi Dinosauri: l’estinzione per loro è ancora molto lontana. Ne riparliamo tra qualche millennio, e altri milioni di dischi.

Credit Foto: Cara Totman