Per il Lupo teatro gremito di emuli. Tante facce note, di quelle che vedi ad altri concerti o alle serate più elettroniche del Lanificio o di stanza al Pigneto.
Tutti ad ammirare la maestria del neanche trentenne elfo, figlio d’Albione e di Madre Irlanda (come lui stesso recita in “The Future”).

Eppure molti dei presenti non potranno dire d’aver goduto fino in fondo della rotonda completezza del genio di Patrick. La bellezza più straordinaria, questo giovane uomo la svela a chi di lui ne ha seguito il percorso sin dagli esordi. Chi l’ha visto in dimensione elettronica, a scalmanarsi su un palco con la ritmica frenetica di drum-machine e pailettes. Chi l’ha visto esibirsi davanti a 30 persone, neanche ventenne ma già  con due disconi alle spalle, un violino in braccio e una base di garage band sulle assi del Circolo degli Artisti quasi dieci anni fa.
Per carità , la dimensione teatrale e acustica ““ scelta stasera per celebrare il decennale, appunto, dal primo di quei dischi ““ è di una fascinazione assoluta. Da la possibilità , in momenti musicali di supergruppi, plastica e sensazionalismo, di apprezzare chi la musica la sa fare davvero, con il talento, la voce e le mani.

Sin dall’esordio di “Overture”, lascia senza fiato la versatilità  di un ragazzone di due metri che, metà  cantore provenzale, metà  aedo avanguardista, si alterna balzando da un pianoforte a coda ad un ukulele (in “Wind in the Wires”), da un violino all’arpa (in “Armistice”).
Un artigiano postmoderno, nipote del canto corale ecclesiastico e ragazzo-padre di una musica transgender che non ha emuli, che mescola Joni Mitchell con la tradizione gaelica e che lascia semplicemente a bocca aperta, con il cuore in mano e con la voglia di ridere e sorridere, senza snobismo alcuno.
Quando interrompe a metà  “Thickets”, perchè ne dimentica le parole, o quando pesca dall’iPad una lunghissima ““ e faticosa ““ dichiarazione d’amore all’Italia. Sentire da un artista di questa ricchezza associare al nostro Paese vessato dalla pochezza e dalla miopia di chi ci governa sostantivi come “rispetto, curiosità , passione e ispirazione” riempie il cuore quasi quanto la musica stessa di Patrick.
Perciò non c’è mistero o sorpresa alcuna se, al finire del concerto, quando le quasi-hit come “Magic Position” o “The City” scuotono piedi e mani nonostante l’acusticità , tutti si alzano in piedi in una sincera standing ovation.

Grazie Patrick. Queste serate ci fanno battere il cuore e siamo noi a dover ringraziare te.

Setlist (per quanto la memoria ci assiste)
OVERTURE
HARD TIMES
PUMPKIN SOUP
HOUSE
WIND IN THE WIRES
PARIS
AUGUSTINE
OBLIVION
BLUE BELLS
LONDON
THICKETS
VULTURE
TRISTAN
ARMISTICE
BERMONDSEY STREET
THE MAGIC POSITION
THE CITY