Non illumina; violenta, divide, esalta, deprime, contrasta, rinchiude, nasconde, rivela, tritura, risveglia, minaccia, spaventa, esplode e rincuora. Poi dilata, sopisce, consola, ammalia, confonde, denuda, rischiara, rinasce, s’esalta, risale, distende e ti scivola accanto da molto lontano.

Alza i tuoi magri pugni come antenne al cielo, dicevano. L’anno era il 2000 e sembravano non esserci tramonti. Erano tempi interessanti per la musica proprio perchè vuoti, orfani di motivi che annunciassero nuove correnti artistiche, di stile, di contenuti e contenitori. “F# A# (Infinity)”, due anni prima, non aveva di certo cambiato le sorti della musica ma ne aveva mescolato gli elementi: il post-rock non si era mai trovato così vicino all’ambient e l’indie, quell’indie che davvero non dipendeva dalle major, chi lo distingueva dalle derive sperimentali di Glenn Branca? Non erano i Godspeed You! Black Emperor, però, a fare confusione ma erano gli anni in cui qualcuno spense la luce su Seattle senza accenderne di nuove a creare quella splendida incertezza che irrimediabilmente apre nuovi spazi.

Poi ci furono degli album che si succedettero a degli altri; si macinava rock con un occhio alle divagazioni contemporanee di Steve Reich e del Kronos Quartet (le similitudini tra, ad esempio, “Slow Riot for New ZerøKanada” e “Triple Quartet” del compositore statunitense sono citazioni che scaldano il cuore) e via coi complimenti. Meritati.
Poi un’altra luce che si spegne e nel 2003 i Godspeed You! Black Emperor non si sciolgono: semplicemente scelgono di restare inermi e di tornare di nuovo da dove erano venuti.

Il loro 2012 è “Allelujah! Don’t Bend! Ascend!”: un album che li vede tornare alle origini congiungendoli a quel movimento che loro stessi hanno contribuito a creare dandogli i contenuti, più che i contenitori.
E allora si cambia per restare uguali: via la forma compositiva del passato a favore di quattro movimenti che costituiscono una sinfonia deviata, meticolosamente anarchica e fluida.Tracce come “Mladic” e “We Drift Like WorriedFire” (in precedenza note con i titoli di “Albania” e “Gamelan”) sono parte del repertorio live da prima dello scioglimento, ma la loro evoluzione non ha natura sensibile; non passa attraverso le cuffie. “Allelujah! Don’tBend! Ascend!” è infatti musica intelligibile, sono sensazioni che usano, sfruttano il suono per arrivare a noi.

Il bordone (va bene: “‘drone’) in uso su “Lift Your Skinny Fists Like Antennas to Heaven” è ancora presente, ma qui, oggi, è anch’esso dinamismo (“Strung Like Lights At Thee Printemps Erable”) che non si limita ad una presenza monofonica, bensì fluisce nel contesto attraverso una modulazione geniale, artisticamente bella. Lo spazio armonico è così conteso ancora una volta dagli archi e le chitarre. Ma a prevalere è un’estetica (ancora) rock che rimanda agli Swans nei 20 minuti di “Mladic” come nella più contenuta “Their Helicopters’ Sing” senza soluzione di continuità .
“WeDrift Like WorriedFire” è invece la summa di un album dalla malinconica violenza col suo incedere percussivo, la distorsione e l’astrazione onirica in cui sprofonda a tratti.

“Allelujah! Don’t Bend! Ascend!” è indubbiamente un lavoro di mezzo che propone vecchie composizioni alternandole a una nuova ispirazione che richiama, comunque, le dinamiche di dieci anni orsono. Un’opera totalmente e irrimediabilmente americana con i suoi eroi (Branca, Low, Slint, Sonic Youth), i suoi eccessi (prolisso, autoreferenziale) e i suoi pregi (audace, contemporaneo, henrymilleriano in ogni suo spunto). E’ un album dalla magnificenza con mezzi semplici. Come gli anni che stiamo vivendo. Solo con molta più poesia.

Allelujah! Don’t Bend! Ascend
[ Constellation – 2012 ]
Similar Artist: Slint, Sonic Youth, Mogwai
Rating:
1. Mladic
2. Their Helicopters Sing
3. We Drift Like Worried Fire
4. Strung Like Lights At Thee Printemps Erable

Ascolta “Mladic”