La leggenda (beh, Wikipedia) narra che Harley Streten un bel giorno, all’età  di 13 anni, abbia cominciato a produrre musica nella sua casetta di Manly, Sydney, partendo da un semplicissimo cd trovato in una scatola di cereali. Poi evidentemente ci prende gusto, visto che la Future Classic due anni orsono lo mette sotto contratto e produce il suo primo EP “Sleepless”. Ed eccoci quindi all’esordio sulla lunga distanza, con il poco più che ventunenne australiano che assembla ben 15 tracce in un caleidoscopio elettronico essenzialmente pop nell’attitudine, ma con rimandi tra i più disparati ad una nutrita gamma di generi e generini.

Pop, si diceva. Ebbene, qui in alcuni momenti si ha la sensazione di approdare in lande addirittura commercial-friendly (per dire, io ci ho sentito persino qualcosa di Usher). Il punto è, però, che il risultato complessivo non è affatto male. Anzi, ce ne fossero di produzioni – diciamolo pure – “piacione” di questo livello. In “Flume” faciloneria (mi si passi il termine), o forse sarebbe dire immediatezza, e occhio alle migliori produzioni più o meno indipendenti e di buon successo degli ultimi anni si incontrano, si ibridano e si sostengono. Non siamo di fronte ad un lavoro cervellotico: la cura per i dettagli c’è, le stratificazioni ci sono, ma d’altro canto c’è la melodia, a tratti l’easy listening. E c’è soprattutto una commistione di influenze, da Weeknd al succitato Usher a Neon Indian (i synth di “Space Cadet”) e generi, dall’ (appunto) hypnagogic-pop al rap di “On Top” al dreamy left-field di “Bring You Down” e “Warm Thoughts” passando per la dinoccolata disco-hop di “Sleepless”.

Harley si avvale anche di collaborazioni di discreto prestigio, su tutte quella di Chet Faker in “Left Alone” (pezzo migliore del lotto) e Moon Holiday in “Insane”, ballata paranoica da dancefloor.

Non manca, per la verità , qualche passaggio a vuoto: “Ezra” probabilmente dura un po’ più del dovuto, sortendo alternativamente e soggettivamente un effetto ipnotico e/o noioso, e insieme alla successiva “More Than You Thought” costituisce una doppietta interamente strumentale che, proprio per la mancanza di featuring vocali, poco si amalgama al resto della scaletta e allenta forse eccessivamente l’attenzione. Tuttavia, un debutto da salutare con discreti apprezzamento e incoraggiamento (quest’ultimo nella misura di una mezza stelletta in più).

Credit Foto: Zachary Chick