Ora possiamo ammetterlo, la svolta da crooner di Iggy poteva essere un gioco divertente come può essere quello di vestirsi da donna una volta tanto a carnevale. Un gioco, anche se ben confezionato. Iniziava a far male l’idea che quello che questi tempi avari ci lasciavano dell’iguana erano canzoni i di pura forma e scarsa sostanza. E’ pur vero che nella lunga carriera del Nostro il lascito sarebbe stato ben diverso, se pensiamo a capolavori senza tempo di furia rock’n’roll come “Raw Power”, ma c’era bisogno di un ritorno alle origini anche se, giocoforza, privi dell’ingenuità  e della carica deitempi andati. A dispetto di quanto detto nel 2009, in cui si dichiarava l’esperienza degli Stooges conclusa per sempre dopo la morte di Ron Asheton, torna la storica ragione sociale con James Williamson, che non suonava con lui dal 1973 dai tempi proprio di “Raw Power”.

“Ready To Die”, a dispetto dell’anagrafe dei componenti della band, è un disco che potrebbe mettere in riga una buona parte delle band di ventenni che bazzicano i territori rock. Non certo un capolavoro, ma un album di rock’n’roll nudo e crudo, asciutto e compatto, soprattutto credibile. Il tempo passa per tutti e le rughe non si avvertono solo sui visi vissuti di questo gruppo di sodali del 4/4, ma non basta a scalfirne il mestiere o la genuinità  di una scelta che correva il rischio di poter somigliare ad una resa tout court. Iggy è vivo e lotta insieme a noi? Sì e no, nel senso che quello che abbiamo è l’ennesimo disco che percorre le stesse strade ormai consumate dai passi, ma costruito e suonato con gli attributi. C’era bisogno di questi 37′ di musica? No, c’era bisogno che qualcosa ci prendesse a schiaffi e ci ricordasse chi e che cosa erano Iggy And The Stooges. “Ready To Die” è esattamente tutto questo, niente di più o di meno. Un bel risveglio dopo un periodo di sonno sin troppo tranquillo.