Ascoltando l’ultimo pezzo del nuovo disco dei Sigur Ros mi è venuta in mente l’ultima scena della prima stagione di “Broadchurch”, serie inglese di cui vi eviterò fastidiosi spoiler. L’associazione è delle più banali e si basa su affinità  estetiche notturne su cui adagiare la miglior colonna sonora possibile. Fiaccole sulla costa del Sussex, buio profondo e luci all’orizzonte, una quiete eterea ma non troppo, praticamente tutto quello a cui i folletti islandesi ci avevano abituato fino ad oggi. Una suggestione alla quale si arriva solo a fine corsa, alla traccia numero nove, “Var”, che rappresenta l’eccezione di un lavoro che si prende l’onere di cambiare ulteriormente la strada dei Sigur Ros pur non tradendone la coerenza.

La fragile notte popolata di sogni sospesi e folletti dispettosi diventa impeto nel buio e lampo di luce a squarciarne la sostanza. L’algida aurora boreale accarezzata mai così soavemente come nel precedente “Valtari”, che si prendeva tutto il tempo necessario per definire i contorni di quella che potevamo classificare come virata ambient del gruppo, diventa urgenza espressiva e prova ulteriormente a cambiare le regole del gioco. “Kveikur” è un disco rock, o meglio post-rock nel senso più classico del termine, avvicinandosi a certe aperture alle quali ci avevano abituati nelle performace live, solitamente molto meno pacate della loro controparte su disco. Ci sono le chitarre potenti, un impianto percussivo che picchia sodo e momenti più liquidi che tengono desta l’attenzione per l’intera durata di questa cavalcata sonica.

La voce di Jonsi è la stessa di sempre, e per questo motivo il cambiamento viene accolto con naturalezza e non tradisce in toto la natura dei Sigur Ros, ma ne amplifica gli orizzonti e le possibilità . Si avverte nettamente la sincerità  e l’urgenza di una svolta necessaria onde evitare di replicare se stessi all’infinito. Al netto di tutte le precisazioni, “Kveikur” continuerà  a piacere a tutti coloro che hanno apprezzato i lavori precedenti e con tutta probabilità  cambierà  solo parzialmente l’opinione dei detrattori della prima ora. Un nuovo inizio che pone ottime basi, almeno provando ad ipotizzare, per un futuro diverso e meno etereo, per una band che ha fatto della fragilità  e dell’evanescenza in senso positivo i propri marchi di fabbrica.

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Kveikur

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