Marques Toliver è un tipo simpatico, forse anche troppo. Il primo incontro che ho avuto con lui è stato mentre ero in fila per entrare ai Magazzini Generali in occasione dell’ultima data milanese dei Beach House: era anche al banchetto del merchandising prima di esibirsi in apertura al duo di Baltimora a vendere un giornale da lui stesso realizzato. Insomma, il classico ragazzo della porta accanto dalla spiccata urgenza creativa.

Poi si è esibito, e i suoi talenti, così come i suoi limiti (almeno dal vivo), si sono resi evidentissimi: gran capacità  di tenere il palco con una esuberanza (va detto) anche troppo esasperata e voce dalle enormi capacità  e potenza nonchè intonazione, usata (va detto anche questo) con troppo poco controllo (qualcuno lo avrebbe volentieri abbattuto).
Marques Toliver suona il violino molto bene, oltre a cantare, e questo a Milano confermò nel sottoscritto una personale curiosità  già  innescata dall’ascolto dei precedenti ep in merito a come il ragazzo di Tallahassee (Florida) avrebbe retto la prova in studio sulla lunga distanza.

Diciamolo subito: “Land of CanAan” non è un’opera indimenticabile, o meglio non è l’opera tanto “nuova” che il sottoscritto (a ragione o a torto) si aspettava. Ciò nondimeno contiene spunti estremamente interessanti che se sviluppati a dovere possono riconsegnarci un artista coi controfiocchi, un degno Andrew Bird soul, un degno John Legend violinista. “Try Your Best” e “Weather Man” mostrano come un sapiente dosaggio dei vari elementi in gioco possa dare origine a piccole gemme pop da inserire nelle nostre playlist Spotify estive, fra solarità  malinconiche e croonerismi con “ammicco” alla musica dell’anima e “ammicco-ammicco” al jazz-pop.

Non convince appieno invece la costruzione dell’album nella sua interezza: la partenza in fase sgranchimento-muscoli di “CanAan” poteva essere confezionata in modo più accattivante – un bel passo deciso piuttosto che un ingresso ex abrupto in punta di piedi con ciabatte leggerissime, mentre “Magic Look” termina in fade out quando probabilmente un finale più perentorio avrebbe giovato.

Si prenda “Land of CanAan” per ciò che è: un (buon) disco dalle molteplici sfaccettature (oltre a soul e jazz ci trovi anche basi r’n’b non propriamente innovative) forse eccessivamente levigate, essenzialmente pop ma non abbastanza per esserne bombardati alla radio (giusto “Stay”, dalla dimensione lirica tutt’altro che sagace, ce la sento già  su RDS o RTL fra una hit e l’altra). Un interessante punto di partenza che merita sicuramente più di un ascolto, dal quale estrapolare un alto numero di tracce capaci di soddisfare gli affezionati a certe sonorità  di cantautorato alla John Legend e di incuriosire chi ha bisogno di un po’ di venticello che ristora il giusto senza sconvolgere i capelli più di tanto. Mi riservo una mezza stellina in più per un sequel maggiormente “cosciente” e (non so se mi spiego) pieno, più personale e a suo modo “rude” ecco, perchè la stoffa sembra esserci.

Land Of CanAan
[ Bella Union – 2013]
Genere: pop, soul, songwriting
Rating:
1. Canaan
2. Stay
3. If Only
4. Try Your Best
5. Repetition
6. Weather Man
7. Magic Look
8. Control
9. Somethings Wrong
10. Find Your Way Back