Si sono aspettati ben quattro anni fremendo come scimmie impazzite per tornare a circondarsi di quelle scariche elettriche che gli inglesi Editors apponevano agli ascolti ubriachi delle loro storie e vizi, quelle atmosferiche plumbee al sapor di Joy Division, e poi invece ci ritroviamo al centro di un disco “The Weight Of Your Love” che fa il verso agli U2, alle prosopopee di Springsteen “Nothing”, “A Ton Of Love”, “What Is This Thing Called Love” e ai ritmi infrangibile della noia?

Purtroppo questa non è una annotazione distratta che balza in testa pur di dare contro, ma una certificazione onesta della disfatta di questa grande formazione che regnò in modo eccelso a cavallo tra la fine Novecento e i primissimi anni 00; a detta di molti è solamente un cambio rotta rispetto il vecchio groove, una sterzata netta al sistema rock che li aveva interessati sin dalla loro creazione, ma la verità  è tutt’altra, è un disco che non emana luce o stilettate di essa, un triste rimpiazzo per mancanza/stanca di creatività  e una non più capacità  di griffare un nuovo capitolo della loro storia, la loro parabola ora discendente. In poche parole ritornano acerbi e musicalmente ripassati nella padella di una wavè pop patinata ma di bassa lega, undici tracce che non si attaccano a nulla se non forse ai dissidi personali verso l’ex chitarrista Chris Urbanowicz che li ha mandati a farsi fottere maledicendo questo lavoro, e col senno di poi le doti chiromantiche dell’ex chitarrista sono da tenere attentamente a conto.

Tenendo a parte l’acustica profonda e ben fatta di “The Phone Book” e l’hook acchiappa figa della pompante “Hyena”, null’altro che si possa ratificare se non dare un virtuale ultimatum alla formazione di Birmingham per vedere se ritrova un stagione di riscatto, per quello che riguarda il disco in focus non gioca a loro vantaggio e tantomeno a chi li ha amati, ma ripeto aspettiamo e scordiamoci per il momento il tutto e questa avara lunga aspettativa durata ben quattro anni. Avanti un altro!

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