I Pond sono una delle tante anime dell’Australia misteriosa e psichedelica. Nati per sperimentare, sono presto diventati un collettivo aperto a chiunque volesse suonare qualunque strumento senza limitazioni di alcun tipo. Prolifici come pochi altri gruppi, fratelli maggiori dei Tame Impala (con cui formano una peculiare famiglia allargata, prestandosi e scambiandosi membri di continuo) da anni si danno da fare per esplorare i confini tra psych rock, pop e qualsiasi altra cosa venga loro in mente.

Ascoltare la musica dei Pond è come guardare un quadro di Jackson Pollock: un’esperienza viscerale, colorata e astratta, che va vissuta nota dopo nota. E “Hobo Rocket” non fa eccezione, anche se non raggiunge le vette toccate da illustri predecessori come “Frond” e “Beard, Wives, Denim”. Primo di ben due dischi già  registrati (l’altro è “Man It Feels Like Space Again”, ancora senza una data d’uscita) vede l’allegra truppa aussie esplorare nuovamente quei suoni selvaggi, addomesticati ma non troppo, che Nick Allbrook e soci trovano incredibilmente affascinanti. Canzoni spigolose, decostruite, quasi mai lineari, che sbandano e finiscono una contro l’altra in un fragore spesso assordante, che cambiano e si trasformano a velocità  disarmante. Suggestioni orientali (“O Dharma”), testa meravigliosamente tra le nuvole (“Midnight Mass”), strizzatine d’occhio ai fratellini di successo Tame Impala (“Giant Tortoise”, “Whatever Happened To The Million Head Collider”), armonie brillanti, folli esperimenti da studio portati a termine con l’aiuto di qualche amico (Cowboy Jones, personaggio di spicco nella natia Perth, si esibisce in uno spoken word spaziale durante la title track). E poi la pazzia stile Flaming Lips prima maniera che riveste “Xan Man” e “Aloneaflameaflower”, puro caos organizzato e impunito, creativamente scoppiettante, un filo meno anarchico che nel recente passato ma sempre nevrotico e incendiario.

Sembra quasi un disco di passaggio “Hobo Rocket”, un breve e gustoso intermezzo (soprattutto per gente come i Pond, abituata a ben altre maratone musicali) che soddisfa ma non sazia del tutto. Volevano evocare tutta l’energia dei loro live scatenati Allbrook e compagni. Ci riescono a tratti ma dimostrano come sempre tutto il loro amore per la storia del rock di ieri e di oggi, trasportando in un universo dai colori fluo e dall’atmosfera psichedelica doc.

Credit Foto: Pooneh Ghana