Pacific Air
Stop Talking

La California dei suoni senza peso e della leggerezza cool è tutta concentrata in questo “debutto al lime” “Stop Talking” del duo Pacific Air (i fratelli Taylor e Ryan Lawhon) i quali, dopo una precedente esperienza come Ko Ko, decidono di mettere una pietra sopra le classifiche ambient ““ new age per coltivare la passione per il poppyes d’autore, una inopinata voglia innescata dall’immediatezza e dalla voglia di “fabbricare” pezzi a presa rapida, quelle musics-strips che oltre a colonizzare palinsesti radiofonici, arrivano ad interagire anche come tormentoni per docce, spiagge o filodiffusione da sale d’attesa.

Dodici pearl che sanno di candore e ruffianità  calcolata, dodici tracce controllate da una freschezza buona ma artificiale, ma anche mature e particolari per farsi perdonare tutto e per seguitare a girare deliziosamente tra stereo e voglia d’estate, tra cornici sofistiche e convenzionali “ready made” purisimi; creativi polistrumentisti, i Pacifi Air producono suoni che svaniscono e tornano, sempre, in un giro perenne di easy-listening che a forza di ascoltarlo ti prende in pieno e riesce a far parte integrale di una giornata da riempire intera, e la cosa gli riesce bene e con la simpatica verve di un analcolico freschissimo.

Un pop che prima gira alla larga poi ti sorprende alle spalle e chi l’ascolta si sorprende a sua volta di ricanticchiarlo con esuberanza, un pop che sprigiona non chissà  che ma entra in circolo e ti fa sorridere a te stesso con buonumore e predisposizione a tutto, ascolti la tripletta “Float”, “Roses” e “Move” e sei già  su di un piedistallo buonista col mondo intero, arrivano “Play nice” e “Faraway” già  sei su un piano alto di spensieratezza mentre “So strange” e “Classic soul” ti regalano quel soft-dream che sembra un rilassamento aspettato da tempo, e da cui ora non ti vorrai staccare mai.
Non aspettatevi grandi manovre stilistiche, non aspettatevi estremi da classificare, aspettatevi- quello si – una mezz’oretta di quieto sentire spartiacque tra problemi quotidiani e voglie utopiche di essere altrove. Gratificante!