Se si volesse descrivere nel dettaglio il personaggo Sky Ferreira si potrebbero scrivere pagine su pagine: l’infanzia al ranch di Michael Jackson, i mille contratti con le svariate label, la gavetta sui blog che contano, le amicizie utili (Terry Richardson, Cat Power, Miley Cyrus), il rapporto con Zachary Cole Smith, l’arresto per detenzione di droga sono solo alcuni dei punti più chiacchierati delle precedenti puntate. La giovanissima modella, attrice, cantante e via dicendo non passa di certo inosservata sotto i riflettori, riuscendo a infilarsi praticamente ogni giorno in qualche video, collaborazione, news, quello che passa il convento, basta che se ne parli.

Malgrado la sovresposizione mediatica che la vede protagonista da qualche anno, la pubblicazione del debutto su lunga distanza avviene solo al termine del 2013, a seguito di svariati singoli e di un primo EP, dal gusto prettamente electropop (scuola inglese fine anni 00s, La Roux, Ellie Goulding e simili per intenderci), e del meno coeso e più interessante secondo EP “Ghost”, dove spunta la collaborazione con Dev Hynes in “Everything Is Embarrassing”, ad oggi tra le migliori proposte della ragazza. Più a questa seconda fase della carriera bisogna quindi fare riferimento pensando al primo LP di Sky, a lungo rimandato, dice la diretta interessata, in quanto difeso fino all’ultimo dalle label che la vorrebbero più commerciale e in linea con la proposta dell’attuale mercato pop. Il personaggio, o prodotto Ferreira (chi può dirlo?) da questo punto di vista confonde. Se da una parte molti meccanismi di promozione facilotta sembrano volerla associale a personalità  già  viste e meteore bruciate troppo velocemente, d’altro canto è vero che ciò che conta è la sostanza e che poche starlette del pop hanno avuto negli ultimi anni un percorso buono come quello della bionda statunitense. Lontanissimi sembrano i tempi dei banali synthpop di “Obsession” e “One” all’ascolto di “Night Time, My Time”, che già  dalla citazione Lynchiana nel titolo e dalla cover a firma Gaspar Noè sembra voler promettere atmosfere poco rassicuranti; il disco d’esordio acquista quell’omogeneità  che mancava e appesantiva il precedente “Ghost”, a favore di un alt-pop contraddistinto da ispirazioni palpabili: tanti anni 80, new wave inglese, chitarre effettate e gli anni più pop dei Cure o di Siouxsie (“You’re Not the One”) così come gli esordi della prima Ciccone, a cui Sky ammicca chiaramente in “24 Hours” e, soprattutto, in “I Blame Myself”, che ricorda un po’ troppo “Borderline” per pensare si tratti di pura casualità . Piuttosto evidente risulta l’influenza dell’attuale compagno e dei suoi DIIV, così come una certa propensione per il rock al femminile anni 90 in brani come “Kristine”, “Ain’t Your Right” o “Heavy Metal Heart”, mentre negli ultimi due brani del disco ci si allontana completamente da quanto sentito finora per sfociare in qualcosa di completamente diverso.

Se in “Love In Stereo” sembra infatti di voler tornare alla faciloneria dei primi singoli electropop ma con cognizione di causa, neanche fosse una vendetta contro le case discografiche, nella conclusiva titletrack, tra riferimenti all’amica Chan Marshall e Laura Palmer, ci si addentra in atmosfere buie che poco aggiungono a quanto sentito, al contrario sembrano suggerire l’urgenza da parte della Ferreira di dover dimostrare qualcosa, come se aver sfornato uno tra i migliori dischi pop dell’anno non fosse ancora abbastanza. Esagerata.