Caden Cotard è un insicuro regista teatrale che riceve gran parte della sua linfa vitale dalla consorte Adele e dalla figlia Olive.
Quando la moglie decide di lasciarlo e di partire per Berlino con la bambina, le poche certezze dell’uomo vacillano.

Inizia così una lotta contro la solitudine, la morte e la realtà , parti integranti dello spettacolo teatrale che Caden sta sviluppando: una messinscena che rappresenti la sua vita, per realizzare così qualcosa di personale, che abbia un certo spessore emotivo e che riesca a farlo sentire vivo, come solo i suoi famigliari erano riusciti a fare.
Ma questo delirio di scatole cinesi arriverà  a confondere il regista, in continua lotta tra proiezioni del passato e personaggi fittizi.

Esce a sei anni di distanza dalla sua release internazionale (probabilmente per speculare sulla morte dell’attore protagonista) il primo film da regista di Charlie Kaufman, sceneggiatore premio Oscar per “Eternal Sunshine of the Spotless Mind” nonchè storico collaboratore di Spike Jonze e Michel Gondry.

La sceneggiatura, ovviamente scritta dallo stesso Kaufman, ripercorre alcuni dei temi a lui cari come la ricerca dell’identità  (ci sono spirali infinite di diversi attori che interpretano la stessa persona), le interazioni che la mente ha con la realtà  e la fantasia, ma soprattutto inserisce la morte,fisica e spirituale, che fa da filo conduttore a tutta la pellicola e viene disseminata in tutta la narrazione in piccole “chicche” come la notizia della morte di Harold Pinter a inizio film a fare da presagio, fino al cognome del protagonista, Cotard, che richiama l’omonima malattia neuropsichiatrica per cui una persona crede di essere morta.

Tutta la pellicola è pervasa così da un’insanabile malinconia di fondo,richiamata anche da alcuni elementi scenici e tecnici, come ad esempio una fotografia sbiadita che perde man mano luminosità .
Si può discutere per ore sul significato della sineddoche che il titolo suggerisce, ma una cosa è evidente: lo spettacolo che Caden vuole mettere in scena è l’ultimo giorno della sua vita, ed esattamente come la figura retorica prende parte di un tutto per rappresentarlo, qui si usa il giorno prima della morte come simbolo dell’intera vita, un momento non a caso, un giorno che per il regista è il migliore possibile e che grazie allo spettacolo potrà  rivivere per sempre.

Il cast è di prim’ordine con un Philip Seymour Hoffman che è l’inevitabile centro di gravità  delle vicende attorno a cui ruotano le ottime interpretazioni delle tre amanti Catherine Keener, Samantha Morton e Michelle Williams.
La prova del compianto attore americano è volutamente misurata per gran parte della durata e gli unici scostamenti sono alcune esasperazioni dello status del suo personaggio che segnano il passaggio di Caden a un maggiore disagio verso la vita e verso la realtà .

“Synecdoche, New York”, come avrete capito, non è assolutamente un film per tutti i palati, ed è quanto mai difficile racchiuderne il valore in un’unità  numerica; è un’opera che può sembrare destrutturata, inconcludente e volutamente autolesionista, ma una volta giunta al termine occuperà  un posto importante della vostra memoria e a quel punto,una volta assimilata la visione, avrete trovato un senso alla follia e al genio di Charlie Kaufman.

Indie Top Ten, nona posizione
Rating:

Regia: Charlie Kaufman
Produzione: Sidney Kimmel Entertainment
Sceneggiatura: Charlie Kaufman
Fotografia: Fred Elmes
Montaggio: Robert Frazen
Costumi: Melissa Toth
Scenografie: Mark Friedberg
Colonna sonora: JonBrion
Con: Philip Seymour Hoffman, Michelle Williams, Samantha Morton, Catherine Keener, Emily Watson
Durata: 124min