Vent’anni, di Chicago, chitarrista e sognatore come pochi. Ryley Walker ( già  considerato nuovo numero uno della scena folkly contemporanea a stelle e strisce) è tutto questo e molto altro ancora. Il suo mondo musicale è fatti di grandi balzi all’indietro, in quel retrò classical cantautoriale americano che disdegna riferimenti al futuro, nel suo disco Primrose green gli anni 60/70 bagnati da Drake, Fahey, Jansch, Jonathan Wilson e certi Pentagle di taglio ““ per citarne alcuni ““ sono il, carico emozionale delle dieci tracce, jazzly, folk e blues stretti tra dolcezza e sguardi allucinati per un ascolto rapito e dreaming, un vero colpo di “vento gentile” sulla fronte.

Musica da viaggio, suoni che lubrificano la mente, timbri che spaziano dentro come una fumata d’erba in compagnia, sensazioni rilassanti che sanno di “vissuto” e di libertà  e che fanno sound contaminato, contagioso; se il jazzly di “Summer dress” vi scalda, gli odori folk di lontane e ancient terre d’Albione vi fanno immaginare Griffiths bucks blues, i drink freschi tra ritmi e on the road sausalito “Sweet satisfaction” vi fanno sperare o il malinconico fraseggio solitario Hide in the roses vi lascia in bocca una sorsata di amarezza d’amore, allora vuol dire che siete sul disco giusto, un modo come pochi di “andare a zonzo col cuore” senza muovervi d’un millimetro.

Piccolo cameo d’oltre Oceano.