E’ una strana storia quella dei Mercury Rev. Band dalle tante anime e dai mille volti, capace di tirar fuori in decenni di onorata carriera dei veri capolavori ( da “Deserter’s Songs” a “All Is Dream” giusto per limitarsi a quelli incisi nell’era post David Baker) e poi di perdere improvvisamente la strada vittima del successo, della scure della critica (vedi “The Secret Migration” ovvero l’estremo tentativo di essere radiofonici a tutti i costi) di litigi, ripicche, droghe e chissà  cos’altro. Partiti dall’alt rock psichedelico i Rev sono approdati al dream pop tra magia e passi falsi, momenti d’alta scuola e attimi d’indecisione. Succede a tutte le band che restano sulla breccia a lungo e forse è un destino inevitabile. Li avevamo lasciati nel 2008 dopo lo slancio ritrovato di “Snowflake Midnight” – “Strange Attractor” e poi un lungo silenzio discografico, che sembrava addirittura un po’ scontroso, interrotto parzialmente dalla ristampa di “Deserter’s Songs” nel 2011.

Dov’era finita la coppia d’oro Jonathan Donahue – Sean “Grasshopper” Mackowiak? Che fine avevano fatto i Mercury Rev? Si sono tenuti impegnati lavorando a colonne sonore, facendo concerti evento, suonando a qualche sporadico festival e inventandosi curiosi alter ego (tra cui gli improvvisati improvvisatori Mercury Rev’s Cinematic Sound Teox BrainWave Concerto Experiment ospitati da John Zorn a New York). Musicalmente nulla di nuovo però. Si erano smarriti in una selva oscura di formato dantesco, creativamente parlando. Un periodo di crisi, di incertezza totale da cui cercano di uscire trovando la loro personale luce in fondo al tunnel. Chissà  forse è per questo che “The Light In You” somiglia tanto a un best of, a un bignami di quello che i Mercury Rev sono e sono stati. Un disco autunnale, come le foglie che cadono e ti restano attaccate alle scarpe quando piove. I momenti radiofonici ci sono ancora (“Are You Ready?” su tutti ma anche “Amelie” e “Moth Light” non scherzano) alternati però a brani di grande eleganza (l’ottima “Central Park East”, la ballata “Autumn’s in the Air”, “Rainy Day Record”) e a qualche sperimentazione virata in salsa pop (“Sunflower”).

Non c’è trucco e non c’è inganno, più passano gli anni più i Mercury Rev somigliano agli Echo & The Bunnymen di “Ocean Rain”: stessa intensità , stessa attenzione alle orchestrazioni dei brani, con gli archi che spesso vanno di pari passo con le chitarre. Un sound molto costruito, senza rinunciare all’immediatezza e alla melodia. A volte quando si cerca di dire qualcosa d’importante è meglio aspettare che buttare fuori tutto e subito ha detto Jon Donahue. I Mercury Rev hanno aspettato e hanno avuto ragione. “The Light In You” non è un capolavoro ma un album più che discreto, che non fa rimpiangere troppo il recente passato anche se ai livelli di “Deserter’s Songs” o “All Is Dream” non arriva. Chi amava i Mercury Rev svalvolati e contenti degli esordi ormai ha avuto tempo e modo di rassegnarsi, visto che le evoluzioni psichedeliche di “Boces” o “Yerself Is Steam” non abitano più qui da tempo (ora ci sono i delfini di “Coming Up For Air” ma non è proprio la stessa cosa nè lo stesso tipo di trip). I Mercury Rev del 2015 sono pop, orchestrali, delicati, sognanti e pare che la luce in fondo al tunnel abbiano cominciato a trovarla sul serio. Tornano in buona forma dopo sette anni di turbolenta quiete. Dimostrando che non sempre le pause di riflessione, volute o subite, sono un male.