Avevamo lasciato Tim Showalter (ideatore del progetto Strand Of Oaks) alle prese con le confessioni a cuore aperto di “Heal”, disco grazie a cui il musicista dell’Indiana trapiantato a Philadelphia ha assaggiato quella notorietà  che da tempo meritava. A tre anni di distanza, dopo infinite false partenze e una quarantina di canzoni scritte e scartate arriva l’album numero cinque. Showalter cambia ancora le carte in tavola e con “Hard Love” riscopre la passione per la Creation Records, i Jane’s Addiction, gli Smashing Pumpkins. Oltre a tutta la scena americana anni settanta celebrata in “Radio Kids”che ricorda con nostalgia le serate passate ad ascoltarla, quella radio, con le orecchie attente a catturare i The Modern Lovers al momento giusto. Ma non di solo rock vive “Hard Love”. E’ un disco vario anche per gli standard di uno come Showalter, capace di passare dal folk puro ai synth Moog.

Strand Of Oaks non è più una one man band ma una band vera e propria, si sente soprattutto in “Everything” con le sue chitarre distorte e i ritmi folli, nella compattezza di “Quit It” dove il feeling tra Showalter e il batterista Mike Sneeringer è particolarmente evidente. “Rest Of It” è puro rock n roll giocoso tra Replacements e Cramps, “On The Hill” un’allucinata acida cavalcata edonista, “Salt Brothers” (dedicata al chitarrista Carter Tanton) brucia lenta e si avvita in una distorsione pericolosa per le orecchie e non solo. A colpire però è la vulnerabilità  di “Hard Love”. Giusto a ribadire che l’amore a volte è duro sul serio (Tim e la moglie Sue ne sanno qualcosa visti i tradimenti raccontati in “Heal”) ci sono ballate grintose come la title track, c’è “Cry” che su quei tradimenti reciproci torna di prepotenza con un trattamento tutto pianoforte e voce sorprendentemente pop. Discorso a parte per “Taking Acid and Talking To My Brother”, ballad che frega di peso un giro di note a “Footsteps” dei Pearl Jam (lo chiameremo omaggio artistico) e riesce a farla franca in grande stile con un finale a sorpresa.

Molto è cambiato dagli esordi, da “Leave Ruin” e “Pope Killdragon” quando Tim faceva l’insegnante di giorno e il musicista part time, dal candore di “Dark Shores”. Showalter è diventato una rockstar con adeguato contorno di sex & drugs, apre i concerti dei My Morning Jacket e al Primavera Sound cazzeggia con Mac DeMarco. “Sono stanco di essere quel triste ragazzo bianco con la chitarra acustica in mano” ha detto a Ryan Leas di Stereogum “Mi sono stufato di quella roba”. La dimostrazione definitiva è proprio “Hard Love”, ennesima evoluzione di un’artista a cui il coraggio di certo non manca. Se “Heal” era una vittoria contro se stessi, “Hard Love” è il giro d’onore dopo aver tagliato il traguardo. Viscerale, spontaneo, imperfetto, nato da quella parte di Strand Of Oaks che in cerca di se stessa s’è persa nel deserto e passa il tempo a ululare alla luna.

Photo Credit: Merrick Ales