“Ojalà ” è il ritorno in musica di due vecchie conoscenze dopo anni di assenza dalle scene. Dietro il nome Lost Horizons infatti si nascondono Simon Raymonde (bassista dei Cocteau Twins dal 1984 al 1996 e fondatore insieme a Robin Guthrie di un’etichetta di gran livello come la Bella Union) e il batterista Richie Thomas. Un’amicizia di vecchia data la loro, cementata da una collaborazione estemporanea in un brano di “Filigree & Shadow” dei This Mortal Coil che si chiamava “Ivy And Neet”. Archiviata l’esperienza con i Cocteau Twins dopo la fine della storia tra Elizabeth Fraser e Guthrie, Raymonde si è trovato a dover gestire una casa discografica in un periodo di grandi cambiamenti nel mondo della musica riuscendo a trasformare un’etichetta nata per uso personale in una delle realtà  più interessanti della scena indipendente odierna, capace di portare al successo artisti come Fleet Foxes, Father John Misty, John Grant, Laura Viers, Xiu Xiu.

Un impegno a tempo pieno che ha lasciato a Raymonde poco tempo per essere musicista, a parte un album solista (il bel “Blame Someone Else”) e uno a nome Snowbird insieme a Stephanie Dosen (“Moon”). “Ojalà ” è qualcosa di diverso e ben più ambizioso. Settanta minuti di musica che ripagano ampiamente della lunga attesa. E poco importa se la lunghezza, innegabilmente elevata per gli standard odierni, rischia di diventare un problema. Orecchie interessate si trovano sempre. Soprattutto quando voci note e meno note si alternano al microfono: Marissa Nadler, Tim Smith (ex Midlake) Obaro Ejimiwe meglio conosciuto come Ghostpoet, Cameron Neal degli Horse Thief, Liela Moss (The Duke Spirit) Sharon Van Etten (ai backing vocals in “Life Inside a Paradox”). Raymonde arruola anche un folto gruppo di belle scoperte come Beth Cannon (sua la voce grintosa di “Bones”) Ed Riman in arte Hilang Child, Phil McDonnell, Gemma Dunleavy, Soffie Viemose (è lei in “Amber Sky”).

Difficile scegliere un brano tra tanti in un disco come questo, fatto di atmosfere eleganti e malinconiche. Hazel Wilde (Lanterns On The Lake) brilla in “Stampede”, Karen Peris (The Innocence Mission) non è da meno in “The Places We’ve Been”. Ma dopo vari ascolti a restare nella testa sono le chitarre folk e gli archi di “She Led Me Away”e il Ghostpoet rilassato di “Reckless”, la versatilità  di Phil McDonnell in “The Tide”e l’intenso Hilang Child di “Frenzy, Fear”, la Marissa Nadler di “Winter’s Approaching” perfetta per accompagnare verso i primi veri freddi di quello che resta di questo strano 2017. Il ritorno Simon Raymonde non delude dunque. Disco curatissimo in bilico tra Mercury Rev e This Mortal Coil, capace di mettere insieme stili diversi senza manie di protagonismo, con una copertina di quelle che non dispiacerebbe avere in (doppio) vinile. Una delle migliori dell’anno insieme a “BNQT” dei BNQT. Liberate un’ora e dieci dai social impegni e dedicatela a esplorare il mondo anzi i mondi musicali di “Ojalà “. Lo merita davvero.