Era dall’epoca di “Come On Feel the Illinois” che Sufjan Stevens non rilasciava un’appendice (in quel caso “Avalanches”) ad uno dei suoi album, e forse non è un caso. Se infatti dovessimo scegliere i due dischi fondamentali del menestrello di Detroit, pur con tutto il rispetto al bellissimo resto del suo catalogo, probabilmente non potremmo che premiare proprio l’album del 2005 e, appunto, quel toccante resoconto all’indomani della morte di un genitore che risponde al nome di “Carrie & Lowell”.

Che il fiume dell’ispirazione di quel delicato periodo storico per il Nostro fosse in effetti pieno di pietre preziose ce lo testimonia “The Greatest Gift”, praticamente un bonus disc che tra le altre cose offre uno scorcio sul processo creativo che avrebbe portato al capolavoro del 2015. Tra le altre cose perchè, appunto, i frutti più succosi di questa raccolta non sono tanto le demo di “Carrie & Lowell” e “John My Beloved”, quanto le quattro outtake (che non avrebbero affatto sfigurato accanto alle varie “No Shade in the Shadow of the Cross” e “The Only Thing”) e i sei remix.

Gli inediti si mantengono prevedibilmente sulle stesse coordinate dell’album “maggiore”: tante corde acustiche e liriche a metà  tra ricordo, fantasy e fede. La superba “Wallowa Lake Monster” suona tanto celestiale quanto minacciosa (sembra fare riferimento all’insorgere della schizofrenia della madre, con conseguente abbandono di Sufjan), “The Greatest Gift” propone il Secondo Comandamento come rimedio al dolore, e “The Hidden River of My Life” procede piuttosto baldanzosa fino al conclusivo coro “Gloria in ex calibur”. “City of Roses” (nomignolo di Portland), invece, vede Stevens lasciare la West Coast alla volta dell’Oregon, dove gran parte di “Carrie” sarebbe stato realizzato.

Di buonissimo livello anche i remix. Helado Negro conferisce a “Death with Dignity” e “All of Me Wants All of You” un aspetto per così dire tridimensionale, grazie al prudente innesto di synth delicati che sembrano accrescere la spazialità  intorno alla voce di Sufjan. Altrettanto accorti a non strafare sono 900X, che arricchisce “Fourth of July” di inserti pianistici e beat minimali, e Thomas Bartlett aka Doveman, alle prese con “Exploding Whale”, brano reso disponibile due settimane dopo la pubblicazione di “Carrie & Lowell” sulla pagina Bandcamp di Stevens (insieme a un altro remix di “Fourth of July” a cura di PPD). Uno dei remix di “Drawn to the Blood” (l’altro consiste in una versione in fingerpicking) è dello stesso Sufjan e, tra beat di grana meno sottile e synth pulsanti, corrisponde forse al più avventuroso del lotto.

Si fa fatica a definirla propriamente come una raccolta per completisti: la misura in fase di remix e l’omogeneità  complessiva del sound (una sorta di electro-folk piuttosto dreamy), unita alla bellezza cristallina dei pezzi, rendono “The Greatest Gift” un album con una sua identità  e un suo perchè, ben lontano da logiche di mercato “” dare testimonianza di uno dei cantori più sensibili della nostra generazione durante un periodo personale difficilissimo, mentre trasforma il dolore in musica meravigliosa.