Lo dico subito: una mezza delusione.

Si incasina troppo, risponde a tante domande relative alla difficile struttura ad incastro, ma tralascia quelle più importanti. In pratica arriviamo a fine serie che più o meno abbiamo capito tutto quello che è successo a Winden in 66 anni di viaggi nel tempo (viaggiano così tanto nel tempo che a un certo punto anche un cane si fa la sua porca traversata), ma ignorando assolutamente perchè. Questo aspetto, che sarò scemo io ma mi pare cruciale, viene risolto con un grossolano spiegone riguardante la sempiterna lotta bene-male. Bah.

Biciclette e episodi nell’86 a parte, proprio non capisco i parallelismi, inevitabili in ogni recensione letta, con “Stranger Things”. Esteticamente “Dark” è una serie con un’identità  molto forte. Le ambientazioni e le vicissitudini che i personaggi vivono non sono nostalgiche e romantiche, ma scurissime e oppressive. Tutta la serie è attraversata da una drammaticità  cavalcante e plumbea.

Nota molto positiva è la colonna sonora, praticamente micidiale. La canzone dei titoli di testa, un feauturing tra Apparat e Soap & Skin, è meravigliosa, così come gli inquietanti temi scritti da Ben Frost. Azzeccatissime anche le canzoni scelte in ogni puntata per sottolineare i momenti topici, che privilegiano cantautrici del nord Europa (Soap & Skin, Agnes Obel, Fever Ray).