Primo album per la band di Preston (cittadina del Lancashire, NordInghilterra) ma qui non si parla di un gruppo di ragazzini con i brufoli sulle guance che scimmiottano gli Oasis, plagiando le pentatoniche di Noel. Mark Wairing (voce e testi) e Ajay Saggar (chitarra e musica) erano mente, anima e muscoli dei leggendari Dandelion Adventure, band underground che pubblicò un paio di album di noise-rock sperimentale a cavallo tra gli anni ottanta e novanta. Chi ha intuito da vendere avrá già  capito che l’album che stiamo recensendo non è da cercare nella sezione easy-listening del negozio di dischi appena dietro l’angolo.
Ma attenzione: se amate i suoni ruvidi e un certo post punk con non poche velate influenze psichedeliche, questo è un album che merita di essere ascoltato con interesse.

Una curiosità  : nella formazione ci sono due batteristi, uno di questi, Dave Chambers, ha militato nei Cornershop (quelli di “Brimful of Asha”).
L’album ha una grande energia ed una forza d’urto notevole con le due batterie a creare un sottofondo deciso ed ipnotico. Le linee di basso (bravo il diciasettenne Jack Harkins, per nulla intimorito nel dettare il  ritmo in una band con due leader di trentennale esperienza) creano spesso anche la linea melodica sui cui i brani vengono costruiti. Un mix di psichedelia e suoni che molto ricordano band come i primi Stone Roses  ma interpretati dagli Happy Mondays (“Napoleon’s Index Finger” su tutte) o pezzi con groove potenti e ripetitivi.
“Stop the traffic” è il biglietto da visita della band, un brano che denuncia il controllo che le moderne tecnologie esercitano sulle masse. “Ferma il traffico perchè non riesco a sentire la radio“, ci viene ripetuto ossessivamente, concetto ripreso anche nella scatenata “Tapped “.
La voce di Mark è sporca, arrabbiata e spesso recitante. Sempre in modalità  lo-wi ci ricorda il compianto Mark E. Smith e nella conclusiva “Body Language” sembra di esserci spostati a Nottingham ad ascoltare gli Sleaford Mods arricchitisi di una chitarra…
Un ottimo album: anche se pescano collaudate sonorità  dal passato, i Common Cold riescono ad essere credibili, la loro musica nasce da una miscela di psichedelia, Krautrock, Dance ed un pizzico di melodia Britpop con un particolare risultato, quello di farci sentire parte della loro lotta al sistema e, quindi, in un certo senso, vivi.

Alziamo la caraffa di birra e brindiamo! Preston ha oggi una buona band di cui vantarsi.