Dopo sette lunghi anni tornano gli Snow Patrol di Gary Lightbody, con il nuovo attesissimo lavoro “Wildness”.
La lunga attesa è stata determinata da una serie di problemi personali di Gary Lightbody, che lo hanno spinto verso una specie di isolamento, in cui l’insicurezza alimentava un blocco creativo che gli inibiva la scrittura.
Questo periodo è stato superato grazie all’aiuto del produttore storico degli Snow  Patrol, Jacknife  Lee, famoso anche per le sue collaborazioni con artisti del calibro di Blur, R.E.M., New Order e molti altri.

Jacknife Lee non ha solo prodotto l’album ma ha anche partecipato come coautore di parecchi brani, è evidente come ci fosse un discorso da riprendere, interrotto nel 2011 anno dell’ultimo lavoro “Fallen Empires”, e la sua figura fosse la garanzia necessaria per affiancare Gary Lightbody e fargli superare il suo momento difficile.

Così “Wildness” ci ripropone il sound degli Snow Patrol, con una serie di brani che, tra alti e bassi, cercano di ritrovare i fans di un tempo e magari crearne di nuovi.
L’album si apre con “Life On Earth”, tra i pezzi più riusciti dell’album, nel quale Gary Lightbody scrive un testo che, letto alla luce della sua depressione, ne è quasi un preoccupante manifesto “Shouldn’t need to be so fucking hard This is life on earth It’s just life on earth It doesn’t need to be the end of you, or me This is life on earth It’s just life on earth”.
Le sensazioni positive del primo brano non sono confermate da “Don’t Give In” a metà  tra Coldplay e qualche anonima band americana e neanche da “Heal Me”, che dà  una sensazione di già  sentito, mentre va meglio con “Empress” nel quale sembrano tornare gli Snow Patrol dei migliori anni, risultando decisamente più convincenti.

“A Dark Switch”, con la sua chitarra funky e ritornello in falsetto, forse rappresenta il tentativo di cercare altre strade per la band, mentre in “What If This Is All the Love You Ever Get?” la voce di  Gary Lightbody, su  una partitura al piano abbastanza semplice, riesce comunque a creare un brano credibile che vedremo presto coverizzato su tutti i palchi di X Factor del mondo.
Non si può non fare a meno di citare “Soon” che Gary Lightbody dedica alla figura del padre e dove racconta qualcosa della sua malattia.

L’album nel suo complesso risulta essere discontinuo e non particolarmente brillante e, pur essendo ben realizzato e prodotto grazie al contributo di  Jacknife Lee,   ha il difetto di non sorprendere mai, tutto scorre preciso ed ordinato dando una strana sensazione come di averlo già    ascoltato qualche anno fa.