Molti conosceranno Gruff Rhys come voce e chitarra dei Super Furry Animals, collettivo gallese capace di qualunque pazzia che dall’ormai lontano 1993 tormenta i sogni dei benpensanti con una miscela esplosiva di art pop e spirito psichedelico che ha portato alla nascita di album di culto come “Radiator”, “Guerrilla”, “Mwng” e “Rings Around The World”. Ma c’è un lato del Gruff Rhys ““ pensiero che non sempre trova spazio nella divertente e colorata “Fuzzy Logic” dei SFA e nelle tante collaborazioni e side project di Rhys (tra cui ricordiamo i Neon Neon). Una vena cantautoriale che ha scoperto e esplorato in una carriera solista che ormai dura da più di dieci anni.

Quattro album ambiziosi (“Yr Atal Genhedlaeth”, “Candylion”, “Hotel Shampoo” e “American Interior”) e un quinto appena pubblicato, che segna il ritorno in casa Rough Trade dopo una lunga assenza. Ed è il solito Gruff Rhys quello che troviamo tra le pieghe di “Babelsberg”: ironico, divertente, amante dei giochi di parole, con una fondamentale differenza. Questa volta infatti Rhys ha scelto di collaborare col compositore Stephen McNeff, direttore della BBC National Orchestra of Wales. Un Gruff Rhys in versione sinfonica? Pare proprio di si.

In realtà  però “Babelsberg” è più vicino al pop orchestrale, da Serge Gainsbourg al primo Scott Walker fino ad arrivare a Burt Bacharach (impossibile non sentirne l’influenza in “Take That Call”). Costantemente in bilico tra leggerezza (“Oh Dear!, “Limited Edition Hearts”, “Same Old Song”) e momenti più dark (“The Club”, l’intensa “Drones In The City”, “Architecture of Amnesia”). “Frontier Man” sembra la risposta a “I Love EU”, il singolo anti Brexit che Rhys aveva pubblicato due anni fa. Un’accorata riflessione sui confini in cui finiamo sempre per rinchiuderci, con un video in cui Gruff Rhys sembra proprio un cowboy gallese ambientalista.

Il quinto disco solista ci fa conoscere il lato più melodico del frontman dei Super Furry Animals, come se Rhys si fosse fatto un giro nello storico Brill Building newyorkese. Curatissimo negli arrangiamenti, con alcuni brani che spiccano sugli altri (“Negative Vibes”, “Selfies in the Sunset” cantata insieme a Lily Cole) e il bonus della voce di Gruff Rhys, che è sempre piacevole sentire. Forse aveva voglia di semplicità  il ragazzo gallese, dopo l’art pop di “Hotel Shampoo” e l’incredibile storia (quella dell’esploratore John Evans) raccontata in “American Interior”.

“Babelsberg” non è un concept album nè pretende di esserlo. Gradevole, elegante, non cerca per forza il colpo a sorpresa (che da un artista così è inevitabile aspettarsi siamo sinceri). Pur non essendo straordinario è il disco più accessibile mai fatto da Gruff Rhys, in gruppo o in solitaria.