Un disco che è un contenitore di spazzatura e liquami è un onere necessario se la tua band si chiama Mudhoney, il tuo frontman è Mark Arm e, in modo piuttosto silente rispetto a tanti altri nomi roboanti, ha fatto la storia del Seattle sound (grunge).
Riuscire a incanalare tutte le schifezze del mondo e trasformare un album in un gigantesco cassonetto AMA non è un difetto, ma un pregio che esce naturale solo a chi del punk non solo è icona, ma simbolo di vitale essenza.
Mark Arm e la sua chitarra sono il miracolo di transustanziazione che ancora oggi tiene il garage/grunge (chiamatelo come vi pare) vivo e vero.
Il senso di estinzione che invade il disco non è riferito ad una celebrazione asettica di un movimento passato e dell’ennesima protesta sociale, bensì al pericolo reale che l’uomo corre ogni giorno, vivendo in un mondo e in una società votata al fallimento.
Il disagio non viene usato da propulsore sociale, ma viene attualizzato con i Mudhoney, che creano uno specchio in cui anche la regina di Biancaneve ha paura a specchiarsi.
Dalle iniquità contro i deboli al prosperare delle aziende di armi, il disco rappresenta un mondo velocissimo e impossibile da fermare, proprio come il “Mr Gunman” che non può essere firmato in alcun modo.
L’obiettivo è dunque fare più rumore del rumore, per rinvigorire ogni presagio della prossima estinzione di massa.
I riff in pezzi come “Next Mass Extinction” o “21 Century Pharisees” sono la pura rappresentazione di questo teatro della follia che da anni portano in giro i Mudhoney.
In fin dei conti chi può vantare un riff instinct così nel 2018, senza risultare ridicolo o buontempone.
Nessun ascoltatore può uscire bene da un disco così, i Mudhoney vanno ad intaccare il tessuto sociale per renderlo meno stabile e sicuro per chi si sente a proprio agio in una società che genera continuamente un senso di vuoto. Un lungo conato di vomito, catartico e necessario, deve accompagnare l’ascolto e la lettura di un disco chiave per capire il 2018.
Non c’è mai disgiunzione tra la voce di Arm, la rabbia operaia o le storie dei migranti che arrivano nel nostro baccello di mondo talmente del cazzo da definirsi avanzato, civilizzato.
“Digital Garbage” è una lezione di non-civiltà , perchè quella particolare attitude ad essere barbarici è l’unica cosa che può rappresentarci ogg:, i Mudhoney stanno parlando di me, di te, di noi, del nostro fallimento.
Credit Foto: Emily Rieman