Ci sono band che a dargli attenzione hai subito la sensazione che certi album li abbiano erosi a forza di ascolti.

Questo è quello che mi viene in mente mettendo alla prova gli Holygram, quintetto di base a Colonia ma prodotti, mixati e masterizzati dall’italianissimo Maurizio Baggio per quello che concerne il loro primo album in studio, uscito lo scorso novembre, seguito di un EP 5 tracce uscito nel 2016: Joy Division, New Order, The Cure, Depeche Mode, non saranno certo mancati negli scaffali dei ragazzi della cittadina sul Reno.

La messa a regime da parte del gruppo tedesco di questo “Modern Cults” ha tutti i connotati di un post punk scolastico e dagli inevitabili sentori anni ’80, ma che la voce di Patrick Blà¼mel è capace di arricchire con  il giusto tocco new wave e melodico, mentre Marius Lansing alla chitarra rompe la claustrofobia ed  allarga il ventaglio dimensionale con  pennellate shoegaze vaporose quanto spazianti e Pilo Lenger al synth rende tutto atmosferico e tridimensionale; la tavolozza resta comunque scura, l’onda nera di fumo e colore pervade tutto, il distinguo tra realtà  e sogno, e tra sogno ed incubo si fa sempre più sfumato, fino che questi si confondono: provare per credere, senza trascurare l’ascolto nella sua interezza e nella sequenza che gli  Holygram ci propongono, pezzi come l’acciaiosa “Modern Cults”, la schiacciante linea di basso di Bennet Reimann in “Signals”, le visionarie “Dead Channel Skies” e “She’s Like the Sun”,  o ancora il commiato cristallino e kraut dell’emozionale “1997”.

Padronanza che si fa sempre più piena, capacità  di trovare melodie e messaggi che dal personale diventano universali, coinvolgenti quanto alienanti, indiscutibilmente affascinanti: eccoci dentro il mondo degli Holygram.