La notizia di un nuovo album a firma John Garcia dovrebbe far fare i salti di gioia a qualsiasi appassionato di stoner rock che si rispetti. Eppure, in questo caso, è impossibile non lasciarsi prendere da un leggero senso di malinconia ancor prima di mettersi all’ascolto dell’opera. E già , perchè “John Garcia and the Band of Gold”, terza uscita solista per il frontman di Kyuss, Slo Burn, Unida, Hermano e Vista Chino (che altro non sono che i Kyuss senza Josh Homme), potrebbe essere l’ultimissima occasione a nostra disposizione per ascoltare questo inossidabile paladino della scena di Palm Desert alle prese con brani inediti.

Il motivo? Un terribile mix di eventi sfortunati e difficoltà  in fase di registrazione che sembrano aver portato il povero Garcia a sviluppare una sorta di disaffezione per il suo mestiere. L’intervento in cabina di regia di un vero e proprio mito come Chris Goss – deus ex machina dei Masters of Reality ma soprattutto produttore di alcuni tra i migliori dischi pubblicati da Kyuss e Queens of the Stone Age – si è quindi rivelato assolutamente provvidenziale.

Goss ridona a Garcia la grinta, la carica e forse anche quel pizzico di coraggio che mancavano alle sue sortite più recenti, dalla raccolta di reinterpretazioni in chiave acustica di brani propri “The Coyote Who Spoke In Tongues” fino al confuso progetto Vista Chino, non riuscitissimo tentativo di ricatturare lo spirito del 1992 insieme ai compagni di mille avventure “stonate” Brant Bjork, Nick Oliveri e Scott Reeder.

Non che in queste undici tracce l’ormai quasi cinquantenne vocalist dell’Arizona proponga nulla di particolarmente rivoluzionario, sia chiaro: si tratta sempre di sano, vecchio hard rock “bruciacchiato” dal clima torrido del deserto californiano, in costante bilico tra la ruvidissima psichedelia dei tempi di “Blues For The Red Sun” (la strumentale “Space Vato”, la cupa “Don’t Even Think About It” e l’acidissima “Cheyletiella”) e l’approccio più “metallico” (ma anche maggiormente melodico e strutturato) adottato all’inizio degli anni duemila al fianco degli Hermano (“Jim’s Whiskers” e “My Everything”).

Qualche novità  interessante, tuttavia, non manca di certo: insieme alla sua Band of Gold (Ehren Groban alle chitarre, Mike Pygmie al basso e Greg Saenz alla batteria), John Garcia si diverte a colorare di funk il suo robustissimo hard rock. Che il nostro voglia sfidare i Clutch sul loro terreno di battaglia? Difficile crederlo, soprattutto dopo il monumentale “Book Of Bad Decisions” dato alle stampe dal quartetto di Neil Fallon una manciata di mesi fa. L’ex Kyuss comunque non delude affatto, anzi: è proprio nei momenti più ricchi di groove (“Chicken Delight”, “Lillianna” e “Popcorn (Hit Me When You Can)”) che ci offre alcuni dei momenti migliori del disco. Il suo 2019 è iniziato decisamente bene; speriamo sia sufficiente per convincerlo a tornare sui suoi passi e non abbandonare una volta per tutte gli studi di registrazione.